I piani per le elezioni di giugno
Le loro posizioni sull’Ucraina preoccupano i moderati di Salvini e i riformisti di Schlein. Nel M5S Raggi e Di Battista in pressing per il post voto
Quanto vale il voto dei cosiddetti pacifisti? In che misura influiranno sul risultato delle elezioni europee le opinioni degli italiani che non vogliono più l’invio di armi all’Ucraina invasa dalla Russia di Vladimir Putin? Non sono soltanto i sondaggisti a porsi queste domande.
La corsa a compiacere quella parte di elettorato che sta virando sempre di più verso l’equidistanza con Mosca coinvolge quasi tutti i partiti. La Lega e il M5s, innanzitutto. Ma anche il Pd di Elly Schlein. Con una competizione a sinistra che si è fatta più serrata dopo l’annuncio della discesa in campo della lista pacifista di Michele Santoro. Il movimento del giornalista, secondo la rilevazione del 25 marzo di Swg per il TgLa7, all’esordio è quotato all’1,6%. Per molti osservatori si tratta di una performance ragguardevole.
Una spia di ciò che si muove nell’opinione pubblica. Perciò le forze politiche fanno a gara a corteggiare personalità dall’impronta pacifista, di sicuro non strenui sostenitori della resistenza ucraina contro l’invasore. Una corsa che rischia di turbare gli equilibri interni alle coalizioni e agli stessi partiti. La cronaca impone di partire dalla dialettica dentro il Pd.
Al Nazareno ieri si è riunita la segreteria nazionale. All’ordine del giorno c’erano le candidature per le prossime elezioni europee. Un quadro complesso da definire per la segretaria. Che deve fare i conti con il mantenimento di un fragile equilibrio tra le correnti. E anche in questo caso la divaricazione più evidente è proprio sulla politica estera. Segnatamente sulla guerra in Ucraina.
I ‘pacifisti’ dem per coprire l’emorragia a sinistra
I riformisti più vicini a Kiev corrono il rischio di essere penalizzati nella composizione delle liste, a beneficio di candidati in grado di attirare gli agognati voti pacifisti, nel tentativo di coprire l’emorragia a sinistra verso il M5s, Alleanza Verdi e Sinistra e il cartello elettorale di Santoro. Così, tra i possibili capolista, si fanno largo i nomi di Sandro Ruotolo, che dell’ex conduttore antiberlusconiano è stato collaboratore per molti anni e ora fa parte della segreteria nazionale dem.
Poi c’è Cecilia Strada, figlia di Gino, fondatore di Emergency. Ed è scoppiato un caso sul nome di Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire. Infatti, se Strada, pur da una posizione pacifista, si è mantenuta su una linea più morbida del tipo «inviare armi non è l’unica opzione», il giornalista è decisamente contrario agli aiuti militari all’Ucraina.
Per questo motivo non dovrebbe correre come capolista. In ogni caso, nel Pd, si confrontano due orientamenti opposti. Quello dei riformisti come l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, della deputata Lia Quartapelle o dell’europarlamentare uscente Pina Picierno, graniticamente al fianco di Kiev. E quello dei vari Ruotolo, Strada, Tarquinio, pronti a candidarsi alle europee di giugno.
La Lega divisa su Vannacci
Seppur con sfumature e proporzioni diverse, si registra una dinamica per certi versi simile all’interno della Lega. C’è il segretario Matteo Salvini, che ogni giorno alza l’asticella, fino alla contiguità con il Cremlino. Salvini non ha espresso dubbi sulla regolarità delle elezioni farsa in Russia. Il leader leghista ha bollato il presidente francese Emmanuel Macron come un “pericoloso guerrafondaio”, dopo che il numero uno dell’Eliseo aveva aperto alla possibilità di inviare truppe occidentali in Ucraina.
Per questa ultima frase il vicepremier e ministro delle Infrastrutture si è beccato un controcanto netto da parte di Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia, espressione di un Carroccio più moderato e più lontano dalle intemperanze della destra radicale filo-Putin. “Macron non è un pericoloso guerrafondaio”, ha detto Fedriga lunedì in un’intervista a Il Messaggero Veneto e Il Piccolo.
E se nel Pd impazza il caso Tarquinio, a Via Bellerio tiene banco il caso Vannacci. Che è Roberto, il generale autore del discusso bestseller Il Mondo al Contrario, accusato di omofobia e razzismo.
Ma non solo: non mancano le ombre sul periodo trascorso da Vannacci a Mosca, dove è stato addetto militare dell’ambasciata italiana dal febbraio del 2021 a maggio del 2022.