di CARLO CANEPA
In questi giorni il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, tra gli altri, sono tornati a chiedere le dimissioni di Daniela Santanchè.
Il 22 marzo la Procura di Milano ha comunicato alla ministra del Turismo che sono state concluse le indagini in cui Santanchè è indagata per truffa ai danni dell’Inps. Già l’anno scorso l’esponente di Fratelli d’Italia era andata in Parlamento per chiarire la sua posizione sulle presunte irregolarità commesse da alcune società a lei collegate durante la pandemia di Covid-19.
Dopo la notifica della procura, Santanchè ha detto in una nota che farà «una seria e cosciente valutazione di questa vicenda» solo dopo la decisione del giudice per l’udienza preliminare (Gup), che dovrà decidere se mandare la ministra a processo.
Al di là delle valutazioni politiche sulla condotta di Santanché, e al di là del fatto che in base alla Costituzione la ministra non è considerata colpevole fino a condanna definitiva, è interessante notare che in questi anni l’esponente di Fratelli d’Italia ha chiesto a molti politici di dimettersi, anche se non indagati. Basta fare una breve ricerca sul suo profilo Twitter (ora X), o tra le interviste rilasciate ai giornali, per individuare questo tratto distintivo della comunicazione politica di Santanchè.
Da Lamorgese a Bonafede
Prima ancora, Santanchè aveva chiesto le dimissioni della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, per l’acquisto dei banchi a rotelle, e del presidente dell’Inps Pasquale Tridico, colpevole a detta sua dei malfunzionamenti del sito dell’Inps durante il lockdown e accusato di essersi «triplicato» lo stipendio.
In realtà questo aumento era stato deciso dal primo governo Conte, sostenuto da Lega e Movimento 5 Stelle. Ad agosto 2020 Santanchè aveva scritto che si sarebbero dovuti dimettere anche Manlio Di Stefano (Movimento 5 Stelle), sottosegretario agli Esteri, e Carlo Borghetti (PD), vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia. Il primo aveva confuso in un tweet il Libano con la Libia, il secondo aveva messo un mi piace a un post su Facebook in cui si diceva che Meloni stava diventando «calva».
Il caso di Josefa Idem
Andando ancora indietro nel tempo, richieste di dimissioni sono state rivolte da Santanchè verso vari ministri dei governi Gentiloni, Renzi, Letta e Monti. Solo per citare due esempi: «Oggi aspetto le dimissioni del ministro Terzi», si legge in un tweet di marzo 2013 (curiosità: Giulio Terzi di Sant’Agata era il ministro degli Esteri del governo Monti e alle elezioni politiche del 2022 è stato eletto senatore con Fratelli d’Italia). «Cosa aspetta Maria Elena Boschi a dimettersi?», si legge in un tweet di dicembre 2017.
Nel 2013 un caso che fece molto discutere riguardò l’allora ministra delle Pari opportunità, dello Sport e delle Politiche giovanili, ed ex campionessa olimpica, Josefa Idem. Dopo alcuni articoli di giornale, Idem ammise di non aver pagato l’ICI – un’imposta sugli immobili – su un palazzo di sua proprietà. «Intanto perché s’è dimostrata anche molto arrogante, e l’arroganza non premia mai. Certamente non è una ladra. E del resto non penso che quello che ha fatto, se l’ha fatto, sia una mancanza pazzesca. Il problema è un altro», aveva dichiarato il 24 giugno 2013 Santanchè in un’intervista a la Repubblica, giustificando la sua richiesta di dimissioni.
«Il fatto che lei si sia presentata con l’immagine di una paladina della morale, dell’etica, della correttezza. Ebbene, quelle cose che ha fatto, pur essendo per me peccato veniale, sono del tutto incompatibili con l’immagine che aveva voluto dare di sé, ovvero di campionessa integerrima. È per questo, ribadisco, che Letta farebbe bene a sostituirla». Quello stesso giorno Idem si è poi effettivamente dimessa, sanando alcune settimane dopo la sua posizione con il fisco.
Va sottolineato comunque che Santanchè non ha sempre chiesto le dimissioni dei suoi avversari politici. A luglio 2019 il sindaco di Milano Beppe Sala è stato condannato in primo grado per «falso materiale e ideologico» per una cosa avvenuta nel 2015, quando era il commissario per l’Expo. Nel 2021 il reato è andato prescritto.
Alla notizia della prima condanna di Sala, Santanchè aveva scritto su Twitter: «Non chiederò oggi le dimissioni di Beppe Sala: garantisti lo si è sempre. Io combatto la sua politica: in prima linea al carrozzone del Pride, totalmente assente sulla sicurezza dei milanesi, specie in periferia. La sinistra giustizialista invece dovrebbe chiederle, per coerenza».