L’ipocrisia? È una fra le principali componenti dei talk show (corriere.it)

di Aldo Grasso

A fil di rete

Lei è Bianca Berlinguer, ma per noi non è Bianca Berlinguer è solo un modello astratto e ideale di conduzione. Per non scivolare nel personale potremmo anche, per convenzione, chiamarla Berlinguer Bianca.

Lui è Alessandro Orsini, professore di sociologia del terrorismo (qualunque cosa voglia dire), ma per noi non è Alessandro Orsini, è il modello astratto e ideale di aizzatore, figura fondamentale nella retorica dei moderni talk show. Potremmo anche chiamarlo, purché non si offenda, Orsini Alessandro.

Per interpretare questi modelli astratti ci vuole una buona dose di ipocrisia, da intendersi non in senso moralistico ma tecnico. L’ipocrisia è un omaggio che la verità rende alla recitazione. La parola deriva infatti dal greco, «hypokrisis», e sta a significare, oggi, una simulazione di virtù e di buone intenzioni allo scopo di sedurre. L’ipocrisia è una fra le principali componenti dei talk show. L’aspirazione del pubblico, infatti, è di costringere i partecipanti all’ipocrisia.

Durante il corso di un talk show, Orsini Alessandro «sbrocca» come suo solito e prende a insultare un interlocutore: «Cappellini, lei è veramente un cretino» e poi, non contento, rincara la dose: «pagliaccio», «incompetente totale», ecc.

Ecco intervenire l’artificio dell’ipocrisia. Berlinguer Bianca cerca di contenere Orsini Alessandro con questo invito: «No, professore: io non accetto che lei insulti un mio ospite». Ma come, lo sappiamo tutti perché vengono invitati gli Orsini!

Vengono invitati per fare gli incendiari, altrimenti lo show languirebbe, s’infiacchirebbe, si consumerebbe come una candela. L’accorgimento vale per tutti i cosiddetti talk show politici o di approfondimento (i nomi, siate gentili, metteteli voi). Ma c’è di più, in quanto a ipocrisia. Lo spettatore si aspetta dai protagonisti dei talk un contegno onesto che lui stesso è incapace di adottare.

Lo spettatore non perdona a un personaggio tv ciò che di solito perdona a un amico, o a sé stesso. E qui scatta l’altra componente fondamentale di questi teatrini: l’indignazione. Si indignano tutti, sul palco o in platea, perché l’indignazione è gratificante, è l’ultimo entusiasmo degli immoralisti.

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