Il vero nemico di Ilaria Salis è suo padre Roberto (italiaoggi.it)

di Domenico Cacopardo

Il caso è politico e può essere risolto più 
facilmente senza fare troppo chiasso. 

La sua scomposta agitazione complica la soluzione del caso

Il caso di Ilaria Salis sembra impantanato sull’arenile profondo degli errori e delle ingenuità poste in essere da varie parti, in particolare da suo padre. Riavvolgiamo la pellicola e torniamo al punto.

Può essere Ilaria Salis l’aggressore di un nutrito gruppo di neonazisti, pronti a menare le mani? Anche se con lei c’erano un altro paio di italiani, potevano essere ritenuti un pericolo per il raduno dei nazisti di mezza Europa che Viktor Orban si onora di ospitare ogni anno? Sembra una barzelletta, visto lo schieramento di polizia a protezione dei neonazisti, una tutela completa e insuperabile oltre che chiaramente orientata a favore dei partecipanti al raduno.

La messa in scena orchestrata da Orbàn

Prima di compiere il passo successivo, dobbiamo ricordare a noi stessi e ai tanti che si stanno occupando di lei, a sinistra e a destra, che secondo le regole in vigore in Europa, finché non sarà stata condannata per turbativa di manifestazione(?) o per aggressione (??) Ilaria Salis è da considerare innocente in attesa di giudizio.

E poiché entrambi i reati di cui si parla non sono così gravi da rendere necessaria una detenzione preventiva di oltre un anno e l’attesa di un ulteriore anno per il processo, risulta evidente che questa messa in scena del regime autoritario e liberticida di Budapest è una messa in scena decisa di certo per il motivo di far vedere al mondo libero che con il despota ungherese non si scherza, come non si scherzava un tempo con le Croci Frecciate, e forse anche per un motivo in più, sottile e strettamente politico.

Il processo a carico dell’Italiana è politico

Mostrare alla sua amica Giorgia Meloni che una sua concittadina non merita il rispetto del regime ungherese, visto che, nello sviluppare la sua politica europea, la premier italiana ha sostanzialmente abbandonato al loro destino le ricattatorie richieste del partner magiaro.

Le ragioni per le quali ho considerato e considero ancora esclusivamente «politico» quanto imbastito a carico di Ilaria Salis sono propriamente queste, anche perché la dichiarazione della presidenza di Viktor Orban «che l’autorità giudiziaria in Ungheria è indipendente dal potere esecutivo» fanno -direbbe un mio amico romano- «sbudellare dalle risate». Visto che, fra l’altro, l’ordinamento giudiziario di quel paese è all’attenzione dell’Unione europea proprio per la sua subordinazione al potere esecutivo.

La somiglianza con il caso di Giulio Regeni

In qualche misura, ciò che sta accadendo a Ilaria Salis va assimilato a ciò che di ben peggiore è accaduto al giovane Giulio Regeni. Entrambi si sono recati in paesi nei quali non è possibile comportarsi come ci si comporterebbe in Italia. E se Regeni è stato assassinato (e un discutibile processo non solo non lo rimetterà in vita, ma non darà ad alcuno la soddisfazione di vedere ristretto un una galera uno dei colpevoli di omicidio), Ilaria Salis, meno sfortunata deve acconciarsi a trascorrere in prigione tutto il tempo che il regime di Budapest vorrà.

Se Roberto Salis si agiterà, sarà peggio

E più il padre Roberto Salis si agiterà, più il disappunto del governo ungherese si sfogherà su sua figlia che è in sua mano, ostaggio delle ubbie di un despota secentesco. Ed è ingenuo ritenere che qualcuno, al di fuori di Giorgia Meloni (ovviamente svillaneggiata dallo stesso Roberto Salis) possa tentare o fare qualcosa a favore di Ilaria. Anche la lettera a Sergio Mattarella (Leggi anche: caso Salis, il padre scrive a Mattarella: intervenga sul governonon ha avuto alcun seguito a parte una telefonata al signor Roberto che non poteva che lasciare il tempo che aveva trovato. Insomma un ennesimo espediente inutile e controproducente.

Il tranquillo tran tran dell’ambasciata d’Italia a Budapest

A ciò si deve aggiungere che un caso come quello della Salis cade sugli esponenti del corpo diplomatico italiano in terra d’Ungheria (una bella ambasciata in una via tranquilla in prossimità del Piazzale degli eroi, una sede di tutto riposo cioè alla quale sono destinati diplomatici in attesa di quiescenza o giovani virgulti come Armando Varricchio che prestò servizio proprio a Budapest e per il tempo minimo necessario per spiccare il volo) in sembianza di una sciagura irrimediabile e che ne mette a soqquadro il placido tran-tran cui sono adusi, tra una manifestazione e l’altra di un Istituto italiano di cultura che non ha mai sfigurato nel panel delle attività culturali e artistiche di Budapest.

Sa, il personale diplomatico, che il caso è politico e quindi esula da ogni sua possibilità di gestione e di influenza. Al massimo possono suggerire uno o più legali che possano assistere l’imputata e sobbarcarsi a qualche sgradevole visita, dato che fatalmente la Salis riverserà sul malcapitato visitatore il proprio cahier de doléance, cui lo stesso non riuscirà a dare mai una risposta di una qualche concretezza.

Salis punti sul governo per fare leva su Orbàn

Se Roberto Salis ama, come di certo ama, sua figlia, finisca di fare il teatrino e punti sulla politica vera, quella che ha il governo e che può usarne le leve, magari inserendo il caso in un complesso di dare ed avere con il governo ungherese. E non si illuda e non illuda sua figlia Ilaria. Se il caso è -come è- politico deve essere in mano a un politico vero e influente. Non ad altri.

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