Voragini
Un giorno andrà studiata come dimostrazione da manuale di quale spirale autodistruttiva possa innescare l’egemonia di un movimento populista, quando non incontri alcun argine né tra i partiti né tra i cosiddetti intellettuali, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
Come scrive oggi Federico Fubini sul Corriere della sera, sui bonus immobiliari (anzitutto il contiano Superbonus 110 per cento e il franceschiniano Bonus facciate) «continua a mancare un’assunzione di comune responsabilità» da parte della politica.
«Tutti i principali partiti che hanno governato in questi anni li hanno voluti. Li ha voluti l’intero centro-sinistra ai tempi di Giuseppe Conte. Sia centro-destra e centro-sinistra in maggioranza che Fratelli d’Italia all’opposizione hanno poi fieramente protestato nel 2021 e 2022, quando Mario Draghi e Daniele Franco cercavano di fermarli. Infine il governo e la maggioranza attuali per un anno e mezzo hanno lasciato che il Superbonus continuasse a gonfiare il deficit, crivellando di scappatoie i decreti che avrebbero dovuto determinare una stretta».
Questa, ricordata da Fubini, è la pura e semplicissima verità dei fatti. Ma più che di una mancata assunzione di responsabilità bisognerebbe parlare di una piena assunzione di irresponsabilità, da parte della politica e anche di gran parte del giornalismo, degli industriali e della cosiddetta società civile.
Ogni giorno che passa, infatti, si scopre una nuova voragine nei conti pubblici, e si apre un dibattito in cui il governo cerca di scaricare ogni responsabilità sull’opposizione e l’opposizione, con l’aiuto di giornali e talk show amici, nega l’evidenza della catastrofe o tenta di ridimensionarla accusando il governo di cercare solo «un alibi».
L’anno scorso il Fatto quotidiano aveva lanciato una campagna contro tutti quei politici che dopo averne fatto l’elogio e chiesto la proroga o l’estensione si erano scagliati contro il Superbonus, a cominciare da Giorgia Meloni, che ancora nel settembre del 2022, in piena campagna elettorale, si diceva pronta «a tutelare i diritti del Superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie».
Il Fatto invitava i lettori a votare «la più grande faccia da Superbonus», ma dovrebbe consegnare il premio al suo direttore, Marco Travaglio, che ieri a Otto e mezzo ha avuto il coraggio di sostenere che il provvedimento avrebbe dovuto essere «a tempo» e «prevedere un décalage» (ma va?) solo che il povero Conte «l’ha varato e dopo otto mesi l’hanno mandato a casa», dunque «Conte l’ha gestito per otto mesi, Draghi l’ha gestito per diciasette mesi».
Dimenticando di dire che in quei diciassette mesi – come ricordava Fubini – Draghi ha provato più volte a intervenire e ha ripetutamente criticato la misura (critiche che non sono state l’ultima delle ragioni della rottura con il Movimento 5 stelle e dunque della caduta del suo governo, forse anche più della questione ucraina) e a fare muro è stata proprio la santa alleanza bipopulista formata dall’intera maggioranza, e come si è visto pure da Fratelli d’Italia, guidata ovviamente dal Movimento 5 stelle e dal Fatto quotidiano.
Che ora gli ideatori e i massimi sostenitori del Superbonus accusino Draghi di non essere riuscito a fermarli dà la misura del livello di degrado raggiunto dal nostro dibattito pubblico. T
uttavia è l’intera vicenda che un giorno andrà studiata come dimostrazione da manuale di quale spirale autodistruttiva possa innescare l’egemonia di un movimento populista, quando non incontri alcun argine né tra i partiti né tra i cosiddetti intellettuali, ma solo innumerevoli tentativi di imitazione.