Se Conte soffia il Tg3 al Pd. Il corsivo di Cangini (formiche.net)

di Andrea Cangini

Per il capo grillino, che trattando con FdI è già 
riuscito a sottrarre agli amici-nemici del Pd e 
di Italia Viva la presidenza della commissione 
di Vigilanza sulla Rai, 

sarebbe un gran colpo dagli effetti pratici e soprattutto simbolici, ossia l’identificazione del Movimento 5 Stelle con quella Telekabul da sempre percepita come simbolo della sinistra-sinistra

Non è passata inosservata, sabato scorso, la presenza di Giuseppe Conte e fidanzata alla festa danzante per i 60 anni del direttore del Tg1, Gian Marco Chiocci. Nella villa sull’Appia Antica non c’era la segretaria del Pd Elly Schlein, c’era invece il capo del Movimento 5 Stelle. Presenza che in molti hanno letto come la conferma di un nuovo assetto di potere nella televisione pubblica, da sempre considerata metafora e laboratorio della politica nazionale.

Un assetto, in effetti, rivoluzionario. Nel senso che andrebbe a rivoluzionare la prassi quasi cinquantennale in virtù della quale quando governa la destra il Tg3 spetta alla sinistra. Ma per sinistra negli ultimi tret’anni si è sempre inteso quella geminata dal Pci. Ovvero i Ds, il Pds e infine il Pd.

Ebbene, quel tempo pare finito: più d’una fonte, infatti, dà per scontato che dopo le elezioni europee di giugno il direttore del tg3 Mario Orfeo, considerato oggi in quota Pd, verrà rimosso a beneficio di un candidato marcatamente grillino. Il nome più accreditato è quello dell’attuale direttore di Rai Parlamento, Giuseppe Carboni, la cui capacità di piegare le notizie all’interresse politico del proprio dante causa è stata apprezzata da Giuseppe Conte sin da quando lo piazzò alla guida del Tg1 ai tempi del governo gialloverde.

Per il grande capo grillino, che trattando con Fratelli d’Italia è già riuscito a sottrarre agli amici-nemici del Pd e di Italia Viva la presidenza della commissione di Vigilanza sulla Rai, sarebbe un gran colpo dagli effetti pratici (il controllo di un telegiornale comporta vantaggi politici evidenti) e soprattutto simbolici (l’identificazione del Movimento 5 Stelle con quella Telekabul da sempre percepita come simbolo della sinistra-sinistra).

Che il furbo Conte fosse capace di conciliare un apparente ed irriducibile antagonismo con le più antiche pratiche lottizzatorie della tivù di Stato era già chiaro a tutti.

Mentre i consiglieri di amministrazione Rai del Pd votarono contro le nomine dei direttori di testata, il consigliere grillino Alessandro di Majo – considerato il vero stratega dell’asse tra la destra e il M5S – si asteneva. Mentre Elly Schlein manifestava davanti alla sede di viale Mazzini contro “l’occupazione della Rai da parte delle destre”, lui evitava sceneggiate pubbliche e con le destre, evidentemente, trattava.

Un metodo spregiudicato, ma funzionale al conseguimento dell’obiettivo politico che Giuseppe Conte si è prefisso da tempo: accreditare il Movimento 5 Stelle come il vero erede della sinistra moralista berlinguriana.

Il tutto a scapito del Pd, s’intende.

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