Pro-life nei consultori, la psicologa: “Così la pressione sulle adolescenti si fa insostenibile” (repubblica.it)

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Rita Cortonesi: 

“Se una donna vuole tenere il bambino riceve già supporto, e chi sceglie l’Ivg non lo fa a cuor leggero”

Dai consultori in cui ha trascorso la vita, Rita Cortonesi ha partecipato alla lotta femminista per l’autodeterminazione ed è stata testimone dell’attacco costante cui viene sottoposta. Psicologa, operatrice per 38 anni in un consultorio di Roma, da 5 in pensione, ora è attivista della Rete nazionale consultori. Nell’ultimo emendamento della maggioranza al decreto Pnrr riconosce l’ennesimo colpo di questa offensiva.

Operatori e Pro-life potrebbero trovarsi a lavorare fianco a fianco. Cosa pensa?

«Ci mancava solo questo! Ormai i consultori sono sempre più a corto di personale, aperti poche volte a settimana, accorpati. Un presidio territoriale pensato per il benessere della donna è ormai vittima di un processo di aziendalizzazione inarrestabile».

Il governo punta a frenare la crisi demografica. Ed è nei consultori che viene fatta la gran parte dei certificati per l’Ivg.
«Allora torniamo a fare figli per la patria, come veniva chiesto una volta. E poi secondo i dati le Ivg sono in calo, anche perché si punta sempre di più sulla contraccezione. Nessuno prende l’aborto alla leggera, a livello fisico non è una passeggiata».
Qual è la prassi se una donna si rivolge a un consultorio per abortire?

«Viene seguita da un assistente sociale e se necessario anche da uno psicologo. È un lavoro professionale e vengono considerate tutte le opzioni, anche tenere il bambino, ovviamente».

E in quel caso?

«Il consultorio la supporta nel limite delle proprie capacità. Mettendola in contatto con associazioni che forniscono vestiti, latte o altro e seguendola durante la gravidanza».

I movimenti di sostegno alla maternità potrebbero rivelarsi utili in questo?

«No. Associazioni che propongono di obbligare le donne ad ascoltare il battito cardiaco del feto prima di abortire violano i principi di laicità, autodeterminazione e libero accesso alla base dei consultori».

Quali sono i rischi di un approccio così?

«In un momento così difficile, incontrare un Pro-life che punta sui sensi di colpa può essere psicologicamente insostenibile. Soprattutto per un’adolescente».

Questo potrebbe spingere una donna a non abortire?

«Può causarle dolore, ma probabilmente non cambierà idea. Quando la legge 194 non esisteva le donne rischiavano la vita per abortire clandestinamente».

Chi interrompe una gravidanza lo fa principalmente per motivi economici?

«Da soli non bastano se una donna vuole avere figli. E certo a convincerla non bastano nemmeno i sussidi sbandierati dal governo: per i primi mesi latte e pannolini, poi basta».

E le ragioni quali sono?

«Possono essere tantissime. Nel mio consultorio arrivavano spesso studentesse che incappavano in una gravidanza nel momento sbagliato della vita, quando si stavano affacciando a un progetto di carriera o non avevano relazioni stabili. Ma ricordo anche una ragazza molto giovane, sui 18 anni, che fece la scelta opposta».

Come andò?

«La madre era molto titubante, perché la figlia e il ragazzo erano giovanissimi e senza lavoro. Lei, però, aveva pochi dubbi e dopo il consulto decise di tenerlo».

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