di Massimo Franco
La Nota
Il Pd ha scelto il volto di Enrico Berlinguer, storico segretario del Pci scomparso nel 1984, per presentarsi alle Europee e rivendicare la primogenitura di una controversa «questione morale».
Probabilmente lo ha deciso anche per proteggersi da un’immagine sgualcita dalle inchieste che colpiscono il partito in Puglia e Piemonte. Ma il Movimento 5 Stelle ha subito adottato la bandiera altrettanto dubbia di Mani pulite per tentare di riconquistare voti: un modo per rivendicare il monopolio dell’onestà rispetto all’intero sistema politico; e al Pd in primo luogo.
È verosimile che il movimento di Giuseppe Conte voglia usare spregiudicatamente il simbolo ritenuto all’origine della fine della Prima Repubblica negli Anni Novanta: anche se molti oggi vedono quelle inchieste come la conseguenza e non la causa del collasso di un sistema politico finito insieme con la Guerra fredda; e con dubbi trasversali sul paradosso di una «rivoluzione giudiziaria» sfociata nel ventennio del berlusconismo.
Ma quanto accade fotografa opposizioni in crisi di strategia e di identità; così spaccate da presentarsi a Bari, culla del disastrato «campo largo», con un candidato del Pd e uno del M5S che si presentano divisi davanti all’elettorato con la promessa di unirsi, ma dopo. E il partito di Elly Schlein è sulla difensiva, incastrato tra subalternità al grillismo e voglia di reagire agli insulti; e incalzato da un movimento che agita la «questione morale» contro la sinistra dei governi locali e contro la destra di quello nazionale e della Sicilia.
Si tratta di un ritorno alle origini, mai del tutto abbandonate nemmeno quando Conte era al governo con la Lega, e poi con lo stesso Pd; e neanche in questi anni in cui il M5S ha governato senza in apparenza accorgersi di nulla col governatore Michele Emiliano in Puglia: tranne ritirare i consiglieri grillini una settimana dopo l’inizio delle inchieste.
Ora i Cinque Stelle cercano di cancellare quegli «errori» e di riaccreditarsi di fronte all’elettorato. «Stiamo attraversando una fase», dice Conte, «che un po’ ci ricorda Mani Pulite». Più che la fotografia di una realtà, è l’evocazione di una speranza. Su quell’onda è cresciuta un’antipolitica dai contorni ambigui e contraddittori; ma destinata a riscrivere la geografia politica, distruggere classi dirigenti e farne emergere altre.
E i seguaci di Beppe Grillo ne sono stati tra i principali beneficiari: fino a governare il Paese con un misto di inesperienza e presunzione. Poi hanno passato la mano ad altri. Ma l’obiettivo di grattare il fondo del barile del populismo, a spese di alleati e no, rimane la loro stella polare.