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«Un certo mestieraccio» (treccani.it)

di Demetrio Marra

La seconda pelle di Landolfi, il genere letterario

Scrittore di racconti, romanzi, saggi, traduttore soprattutto dal russo e poeta, Tommaso Landolfi nasce a Pico Farnese, nell’allora provincia di Terra del Lavoro con capoluogo Caserta, nel 1908, da famiglia aristocratica di proprietari terrieri – con una certa ironia, non a caso, Eugenio Montale in una piccola poesia inviata a Bobi Bazlen, Notizie e consigli, lo chiama «Thomas di Pico», come a doverlo borbonizzare.

Aristocratico, dunque, e così per sempre: l’heritage si somma alla fama, che lui stesso autoalimentava, di attore mancato (per cui l’allocutività dei suoi testi sarebbe una sorta di trasduzione), di odiatore delle immagini fotografiche (pochissime le foto che lo ritraggono, di cui una celebre in cui interpone una mano tra sé e l’obbiettivo), di giocatore d’azzardo, e via discorrendo.

Da apparente ousider “sociale” a outsider nelle Lettere passa poco: incompreso soprattutto all’inizio dalla critica, fu svalutato in particolare da Gianfranco Contini, che pur centrando in pieno, nel 1946, per la mancata “evoluzione” della sua narrativa nella stagione post-Cancroregina, lo definiva «ottocentista eccentrico in ritardo».

Questo quadro, sommato alla ormai proverbiale difficoltà della sua lingua – e non del suo stile (come preciserebbe lui) – lo ha a lungo allontanato dagli scaffali. Non più vero: vista l’opera di ripubblicazione completa da parte di Adelphi, adesso l’opera omnia di Landolfi è disponibile a tutti, a prezzi economici e in vari formati – recentissima l’uscita del volume di elzeviri Del meno … leggi tutto

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