Europee, 5stelle a corto di entusiasmo e consensi. Lo spauracchio di restare sotto al 10%

di Sara De Vico

A un mese dalle europee i 5Stelle non navigano 
in buone acque. 

Lo sdegnoso rifiuto di Giuseppe Conte a scendere in campo in prima persona, condito con lezioni di democrazia per demonizzare i leader che invece guideranno le liste elettorali, non ha funzionato. In casa grillina, al netto delle sparate comunicative del capo, non si registra particolare entusiasmo. Lo dimostra plasticamente la scarsa partecipazione al voto online per la scelta delle candidature e le roventi polemiche per alcuni esclusi eccellenti, fatti fuori dal capo.

5Stelle, entusiasmo ai minimi storici

Solo un decimo degli aventi diritto ha espresso la sua preferenza alle europarlamentarie. Un astensionismo che dovrebbe far riflettere il capo. A differenza di quello che succede altrove nelle liste 5Stelle mancano grandi nomi di richiamo della società civile capaci di drenare consensi al di fuori dell’elettorato più fedele. A scorrere le liste non c’è neppure la vecchia guardia: rottamati dal capo senza deroga allo statuto i vari Alessandro Di Battista, Virginia Raggi, Roberto Fico.

Liste deboli, scarsa partecipazione alle europarlamentarie

Lo zoccolo duro si è assottigliato e il movimento del vaffa sembra aver perso lo smalto di una volta e la carica anti-sistema. Se l’arruolamento di Conte non ha prodotto testimonial di grido da mettere in campo per Strasburgo le ultime amministrative in Sardegna, Abruzzo e Basilicata hanno certificato un crollo elettorale da brividi.

Insomma con buona pace dei sondaggi che continuano ad attestare i 5Stelle tra il 15 e il 17 per cento, la paura di non superare l’asticella del 10% si fa sempre più concreta, come registra oggi Repubblica. Non solo alle regionali il partito fondato da Grillo non è riuscito a superare il 7 per cento ma storicamente la percentuale accreditata dalle simulazioni di voto si è sempre rivelata superiore all’esito reale delle urne.

Si teme di non superare la soglia del 10%

Alle europee del 2014 i 5Stelle,  fieramente all’opposizione, entrati per la prima volta in Parlamento da un anno, venivano accreditati intorno al 25%, ma presero il 21% malgrado una campagna elettorale molto aggressiva tutta giocata contro la casta. Nel 2019, alla guida del governo gialloverde da un anno, i sondaggi davano il partito di Conte premier tra il 22 e il 24 ma presero il 17.

L’incognita delle alleanze in Europa

La mancata collocazione nello scacchiere europeo, inoltre, non fornisce agli elettori l’idea di un timone saldo. Come nel 2014 e nel 2019 anche oggi il M5S non ha una famiglia europea di riferimento. Messa da parte l’alleanza con il britannico Farange della fase no euro, Conte ha tentato senza risultati prima l’accordo con i socialisti e poi con i verdi. Oggi il campo delle alleanza resta quello, magari con l’aggiunta di La Sinistra, ma con troppe incognite.

Per nulla scontato che la sinistra radicale rossoverde, con al suo interno partiti che si definiscono neo-comunisti, accetti di buon grado l’ingresso pentastellato, ritenuto poco identitario e troppo ‘progressista”.

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