Il Pd e quel rompicapo dei candidati anti-armi. Chi lo spiega ai Socialisti? (ildubbio.news)

di Giacomo Puletti

Dalla capolista Strada a Tarquinio, in molti 
chiedono lo stop degli aiuti a Kiev: ma il Pse 
la pensa all’opposto

Due marzo 2024. Nuvola di Fuksas, Roma. Il Partito socialista europeo è al gran completo per il Congresso che incorona Nicolas Schmit come candidato alla guida della Commissione europea ed Elly Schlein come faro della socialdemocrazia in Italia. Ci sono il primo ministro Pedro Sanchez, il Cancelleire tedesco Olaf Scholz, la premier danese Mette Frederiksen.

Alexei Navalny è stato ucciso in un colonia penale russa da due settimane, e il ritornello della voncetion romana del Pse è solo e soltanto una: armi, armi, e ancora armi a Kiev. Con un obiettivo: portare al prossimo Parlamento europeo più socialisti possibile, così che il sostegno all’Ucraina sia garantito e incondizionato, almeno da parte dello schieramento socialista.

A distanza di nemmeno due mesi, a vedere le liste del Pd in vista del voto di giugno appare evidente che più di un parlamentare socialista della delegazione italiana metterà in difficoltà quel sostegno garantito e incondizionato.

Basta ascoltare le dichiarazioni di Cecilia Strada, capolista al Nord- Ovest e vicinissima a Schlein, o quelle dell’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che correrà nella circoscrizione Centro, o ancora quelle dell’ex sardina Jasmine Cristallo, schierata al Sud. «L’invio delle armi in Ucraina non ha funzionato, dalla guerra se ne esce solo con il negoziato: dopo due anni è il tempo del cessate il fuoco», ha detto Strada.

Sulla stessa lunghezza d’onda Tarquinio, le cui idee peraltro non sono nuove, tant’è che era stato contattato anche da M5S e Avs proprio per le sue richieste di uno stop degli aiuti militari all’Ucraina. «Se un partito di sinistra non è in grado di tenere alta l’idea che la politica e la diplomazia valgono più delle armi e che la pace è l’obiettivo da realizzare, ma che cosa sta dicendo al mondo, alla società alla quale si rivolge, all’Europa che vogliamo fare?», si è chiesto il giornalista richiamando il Pd a una pausa di riflessione.

Noto da tempo il pensiero di Cristallo, che già da appena eletta in Direzione, nel marzo 2023, diceva di «stare con Schlein» ma di «non essere d’accordo sull’invio di armi all’Ucraina».

Opinioni, ovviamente, del tutto legittime ma che cozzano in maniera piuttosto evidente con il manifesto del Pse per le Europee, approvato durante il Congresso di Roma: «La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina segna un punto di svolta nella storia – si legge nel documento – Manteniamo fermo il nostro sostegno incondizionato all’Ucraina fornendo assistenza politica, umanitaria, finanziaria e militare per tutto il tempo necessario».

Quando sicuramente Strada ma probabilmente anche Tarquinio e chissà forse Cristallo siederanno a Strasburgo e voteranno contro i nuovi pacchetti di aiuti militari a Kiev, chi spiegherà ai dirigenti del Pse quel che sta succedendo? «Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina a mantenere le promesse sulle munizioni, non si può vincere con le parole», disse la premier danese Frederiksen all’epoca. Da allora, la situazione è se possibile peggiorata, visti i ritardi degli aiuti militari americani ( il Congresso si è mosso solo pochi giorni fa, sbloccando decine di miliardi in armi per l’Ucraina, ndr) e la lentezza di quelli europei.

Schlein si è sempre dimostrata a favore dell’invio di armi, e soprattutto il Pd ha sempre votato in questo modo in Parlamento, fattore discriminante. E a dimostrazione che tra i dem convivono due anime ben distinte stanno le prese di posizione di pezzi da 90 sia a Strasburgo, come l’attuale capodelegazione Brando Benifei e la vicepresidente del Parlamento europo, Pina Picierno, entrambi ricandidati, sia di parlamentari come Filippo Sensi o dirigenti locali e di partito come Stefano Bonaccini. Tutti convintamente schierati per gli aiuti militari a Kiev.

Ma la vera partita del Nazareno a queste Europee è contro il M5S, nel tentativo di mettere tra dem e grillini una forbice di almeno cinque punti percentuali, che renderebbe evidente, se mai ce ne fosse bisogno, chi rappresenta il perno dell’ormai celebre ( e fragilissimo) campo largo. Ecco quindi che l’uso della diplomazia al posto delle armi torna di moda per corteggiare l’elettorato contiano e persino quello di Avs, che schierano un “dream team” che va da Ilaria Salis a Ignazio Marino, da Leoluca Orlando a Mimmo Lucano, rischia di prendersi un bottino non indifferente di voti a sinistra.

««Il dibattito sulla pace è presente, ma non cambia la linea del Pd – ha detto la segretaria ieri a Skytg24 – sostenere il popolo invaso in ogni forma, ma essere consapevoli che non bastano quelle armi per far cessare il conflitto: chiamo l’Europa a un ruolo diplomatico più forte, questa è sempre stata la linea».

Il problema è che la diplomazia si fa sotto traccia e senza voti, le armi si inviano solo dopo un voto concreto del Parlamento europeo: e quando i futuri delegati del Pd a Strasburgo saranno chiamati a una scelta, le linee saranno probabilmente una, nessuna e centomila.

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