Schlein è convinta di poter mandare a casa Meloni sulla riforma costituzionale (linkiesta.it)

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Resistenza al premierato

La segretaria del Pd ha chiesto ai suoi senatori di usare «corpi e voci» per fare ostruzionismo al Senato. La sua speranza è che la leader di Fratelli d’Italia segua un copione simile a quello di Renzi nel 2016

«Vi chiedo di usare i vostri corpi e le vostre voci per fare muro rispetto a questo tentativo». Non è “Fragole e sangue”, è Elly Schlein ai senatori democratici, è lo squillo di tromba per chiamare la truppa a raccolta, i «corpi» si preparino per la Resistenza al premierato, una vecchia proposta di Massimo D’Alema e dell’Ulivo diventata nell’era Meloni una legge fascistissima come quelle del 1925, proprio perché il contesto è quello che è: non ci sono in giro i Giovanni Spadolini e i Giorgio Napolitano, ma gli Ignazio La Russa e appunto Giorgia Meloni e il suo circo.

Lei ha detto che è una riforma «per chi verrà dopo» ma intanto c’è lei, che pensa a una riforma costituzionale approvata a maggioranza non larghissima e plebiscitata dal popolo. Dunque, dice Schlein, bisogna «fare muro» con i «corpi», come il ragazzo cinese senza nome, il Tank Man che nel 1989 a Tienanmen cercava di bloccare il carro armato del regime.

I corpi delle senatrici e dei senatori dovranno impedire che il Senato licenzi in tempi rapidi il testo governativo che prevede – con tutte le lacune evidenziate da uno stuolo di giuristi, finanche da alcuni non ostili al governo – l’elezione diretta del premier e il contestuale indebolimento della figura del presidente della Repubblica: è la bandiera di Meloni a caccia di un meccanismo che le consenta di governare diversi anni con meno impacci possibili, a partire da quella sempre incombente rottura di scatole che è il Quirinale presidiato da Sergio Mattarella.

Ed ecco allora che Elly diventa la Tank Woman della grande battaglia per la difesa della democrazia, ci vuole la lotta, dunque tutti in piazza il 2 giugno (i «corpi»), e un simil-ostruzionismo parlamentare, appunto le «voci», e infatti ieri i dem al Senato (seduta nervosa) si sono iscritti a parlare in tanti per allungare i tempi e, come si dice in questi casi, tenere alta la tensione: il popolo capirà che l’opposizione c’è.

In effetti il momento è cruciale, tra un mese esatto si vota per le Europee e una grande manifestazione a difesa della democrazia qualche giorno prima ci sta tutta. Ma questo è solo l’inizio, c’est ne qu’un debut. Perché lo scontro finale sarà il referendum confermativo che il Partito democratico è convinto che seppellirà il premierato e la sua sostenitrice numero uno.

Come fu con Matteo Renzi, no? Lo volevano mandare via, preferibilmente per sempre? Il referendum del 2016 fu l’occasione giusta, servita su un patto d’argento. Ugualmente il copione potrebbe ripetersi con Giorgia al posto di Matteo – per molti dem non c’è poi tutta questa differenza.

D’altronde la presidente del Consiglio ne è consapevole, «è un rischio per me», ha detto in un convegnone alla Camera con mezzo mondo, tra cui Iva Zanicchi e Pupo, intitolato “La Costituzione è di tutti”. E però la sua modifica – e che modifica! – è voluta solo da una parte. Lo scontro tra arieti è cominciato.

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