di CARLO CANEPA
LAVORO
Abbiamo controllato che cosa dicono i numeri: è vero che il tasso di occupazione continua a crescere, ma parlare di contratti a termine «ai minimi» è scorretto.
Secondo i dati Istat più aggiornati, a marzo il tasso di occupazione in Italia nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni ha raggiunto (Tab. 1) il 62,1 per cento. Questa percentuale è la più alta mai raggiunta da gennaio 2004, ossia da quando sono disponibili le serie storiche di Istat sui dati mensili.
Nonostante il miglioramento dei dati sul mercato del lavoro, iniziato già nel 2021 durante il governo Draghi, nel nostro Paese resta alto il divario tra l’occupazione maschile e quella maschile. A marzo il tasso di occupazione tra gli uomini era pari al 71,1 per cento, contro il 53 per cento delle donne.
Al di là di questa osservazione, è corretto dire che da tempo i dati sull’occupazione sono in crescita. In questa dinamica quanto pesano i contratti dei dipendenti a tempo determinato, quelli a cui si fa riferimento di solito quando si parla di “precariato” nel mondo del lavoro?
A marzo in Italia c’erano circa 18,8 milioni (Tab. 3) di lavoratori dipendenti: di questi, oltre 2,8 milioni avevano un contratto a tempo determinato, quasi 200 mila in meno rispetto al numero registrato un anno prima, a marzo 2023. I contratti a tempo determinato non sono in calo solo in valore assoluto, ma anche in rapporto percentuale rispetto al totale dei contratti da lavoratori dipendenti.
A marzo il 15 per cento dei dipendenti in Italia aveva un contratto a tempo determinato: come mostra il grafico, questa percentuale è in calo rispetto ai mesi precedenti. Lo stesso grafico, però, mostra che è sbagliato dire che il precariato ha raggiunto i livelli «minimi», come ha scritto Fratelli d’Italia.
Dal 2004, ossia da quando abbiamo i dati mensili, il livello più basso di contratti a tempo determinato è stato raggiunto proprio a gennaio 2004: in quel mese l’11,3 per cento di tutti gli occupati con un contratto da dipendente era a tempo determinato. Il picco è stato poi toccato a febbraio 2022, con il 17,3 per cento.
Il primo aumento marcato è stato registrato dopo l’approvazione del Jobs Act, tra il 2014 e il 2018, poi c’è stato un assestamento successivamente l’approvazione del decreto “Dignità”. Dopo il lockdown del 2020, c’è stata una risalita e un seguente calo.