Esternalizzazione delle frontiere: questo imperativo per i governi “contiani” porta con sé l’accettazione dei lager in Libia, e magari pure in Tunisia, nei quali vengono deportati i migranti respinti in mare
Esternalizzare e securizzare: sono i due dogmi anti-migranti che legano il Conte I al Conte II. Disposti a tutto pur di non farli approdare in Sicilia. Disposti a non far uscire le motovedette della nostra Guardia costiera fuori dalle acque territoriali italiane, per lasciare “mare libero” all’associazione a delinquere denominata Guardia costiera libica.
Esternalizzazione delle frontiere: questo imperativo categorico per i governi “contiani” porta con sé l’accettazione di fatto dei lager in Libia, e magari pure in Tunisia, nei quali vengono deportati i migranti respinti in mare.
Il prezzo dell’esternalizzazione
L’Italia – annota Annalisa Camilli, in un documentato report su Internazionale – ha attive in Libia quattro missioni militari: la missione bilaterale di supporto alla Libia, il supporto alla guardia costiera libica, nsmil (la missione dell’Onu in Libia) ed Eubam (la missione dell’Unione europea per il controllo delle frontiere). Inoltre è presente nel Mediterraneo centrale con le operazioni marittime Mare sicuro della marina militare, con la missione europea Eunavfor Med Irini e con la missione Nato Seaguardian. Dal 2017 Roma ha speso in Libia un totale di 784,3 milioni di euro, di cui 213,9 in missioni militari.
Nel complesso i fondi sono aumentati di anno in anno con il doppio obiettivo di fermare l’arrivo di migranti e di accrescere l’influenza italiana nell’ex colonia nel caos dal 2011, dopo la caduta dell’ex dittatore Muammar Gheddafi. Per l’addestramento e il sostegno alla guardia costiera libica lo stanziamento di fondi è passato dai 3,6 milioni di euro nel 2017 ai dieci milioni previsti nel 2020 … leggi tutto