di Roberto Gressi
Il tentativo del leader di rompere la dinamica tra Schlein e Meloni e smettere il ruolo della comparsa
Quando Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni, lasciò figli felici e grandi ricchezze. Ma prima di quante ingiuste e feroci privazioni aveva patito!
Eppure, mai la sua fede aveva vacillato, e la sua pazienza divenne proverbiale.
Giuseppe Conte c’era quasi, accidenti quanti rospi aveva ingoiato. Ma il Covid no, quello non glielo dovevano toccare. Passi che Giorgia Meloni ed Elly Schlein stiano sempre a darsi addosso, a tendersi trappole, a insultarsi, pronte a sfidarsi pure in un duello tv, di battute taglienti una contro l’altra armate. Che poi a dirla tutta è anche un modo di civettare, di legittimarsi tra loro, Giorgia come guida di un centrodestra vincente, Elly come timoniera di un’opposizione dispersa ma che lei cerca di unire.
Insomma, un giochetto vecchio come il mondo, in politica: io attacco te, tu attacchi me e vedremo come andrà. Ma intanto gli altri, tutti gli altri, li lasciamo nell’ombra, a fare le comparse. Così il voto si polarizza, un po’ a me e un po’ a te, mentre le seconde file arrancano e lottano nel fango per accaparrarsi quello che resta. Buona e saggia regola vorrebbe che, se sei tra le vittime di questo trucco mediatico, fai di tutto per non darlo a vedere, altrimenti è pure peggio.
Giuseppe Conte lo sa bene, lui avvocato di grido, lui presidente del Consiglio prima e durante la pandemia, lui che ha rintuzzato la scissione di Luigi Di Maio, lui che ha domato i Cinque Stelle, buttando quasi nel dimenticatoio addirittura il fondatore, Beppe Grillo. Ma quando Meloni e Schlein si sono messe a battibeccare tra loro perfino sul Covid non ha retto più. «E no Giorgia, quello è roba mia, è me che devi attaccare, e vedrai come ti risponderò».
Certo, si dirà, errore da principianti. Se si continua a bussare alla porta che non si apre di un club esclusivo, la brutta figura si moltiplica. Bravi sì, tutti bravi, ma mettevi nei suoi panni. Premierato: «O la va o la spacca, Elly, dovrai rispondermi». «Ti ho fatto sei proposte, Giorgia, e non le hai nemmeno guardate». Fisco: «Strizzi l’occhio ai furbi, cara Meloni».
«Un fisco giusto non vessa, cara Schlein». Lavoro: «Non hai fatto niente, Giorgia». «I vostri disastri hanno creato povertà, Elly». Superbonus: «Devo fermare io l’emorragia, Elly». «Ma Giorgia, sei tu che hai firmato le proroghe». Sanità: «Meloni, hai tagliato più di un miliardo di fondi». «Guarda che i soldi ce li ho messi io e non tu, Schlein». E poi la libertà di stampa, la Rai, l’Europa e quant’altro.
E pure i meme, simbolo della consacrazione. Le due faccine, con la scritta FratElly d’Italia. Ancora loro, fascista contro armocromista. Meloni e Schlein si stringono le mani: «Che vuoi chiedermi? Dimmi pure». «Ma quei centritavola poi, Giorgia, sull’ocra o sul noisette?». E ancora caricature, slogan, foto, foto e foto. Per Conte appena una battuta, sulla solita pochette.
Ma eccolo l’apriti cielo. Meloni sbotta: «Ma con che faccia, Elly, mi accusi di limitare la libertà? Lo dici proprio tu che hai chiuso le persone in casa durante la pandemia?». Quando è troppo è troppo, e stavolta Giuseppe Conte prorompe: «Giorgia, pur di sfuggire al confronto con me, ora te la prendi con Schlein per le chiusure durante il Covid. Scusa, ma lei che c’entra? Non ha avuto nessun ruolo. Se vuoi confrontarti su questo ritroviamoci da Mentana, o dove vuoi tu, che ti spiego tutto». Risposte di Meloni, al momento, non pervenute.
Il gozzo è una malattia endemica, che consiste nell’ingrossamento abnorme della tiroide, diffusa soprattutto in montagna nella seconda metà dell’Ottocento. Si racconta che, quando Vittorio Emanuele II andò a visitare la città, le autorità locali chiusero i gozzuti di Cuneo nelle cantine.
Atto vergognoso e crudele, compiuto certo all’insaputa del re galantuomo. Ma al passare del corteo reale, quei cuneesi discriminati si attaccarono alle grate e gridarono: «Sire! Ci siamo anche noi!».
(italiaoggi.it)