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"Non abbiamo candidati impresentabili", gongolava il leader 5s.
Ma un’indagine per presunta truffa manda in tilt i grillini: il candidato Allegretti si ritira dalla corsa elettorale. Alla faccia del garantismo
Il boomerang giustizialista è tornato indietro. E ha colpito i Cinque Stelle. Solo pochi giorni fa, durante un punto stampa a Catania, Giuseppe Conte aveva attaccato il solito disco della presunta superiorità morale pentastellata. “Non abbiamo candidati impresentabili, noi siamo l’unico partito che non è coinvolto in casi di corruzione“, aveva esclamato.
Ebbene: stamani Repubblica ha riportato la notizia delle presunte indagini delle procure di Torino e di Asti a carico del candidato 5s in Piemonte, Marco Allegretti, per l’ipotesi di truffa. Sebbene la presunzione di innocenza sia sacrosanta e valida in assoluto, la cosa ha mandato in cortocircuito il partito grillino.
Chi di giustizialismo ferisce, di giustizialismo perisce. Dopo aver bacchettato gli altri con la cantilena sugli “impresentabili“, i Cinque Stelle si sono infatti trovati a fare i conti con una presunta indagine nei confronti di un loro candidato. L’accusa mossa a quest’ultimo sarebbe, secondo quanto si apprende, quella di sottrazione fraudolenta delle imposte.
Così, sulla base di semplici ipotesi di reato e di una notizia spifferata da un quotidiano, l’esponente grillino ha deciso di fare un passo indietro nella corsa elettorale. E Giuseppe Conte ha pure comunicato la circostanza con una certa enfasi.
Marco Allegretti – ha spiegato il presidente del Movimento – “non ne sapeva nulla, né aveva prima di questa mattina ricevuto atti o documenti che lo informassero su questa presunta indagine. Eppure non c’ha pensato due volte: ha alzato il telefono e mi ha comunicato, in attesa che venga fatta luce su questa situazione, la determinazione a fare un passo indietro“.
E ancora: “È assolutamente convinto di chiarire presto questa vicenda, sicuro che ne uscirà a testa alta. Ma ha ritenuto opportuno ritirarsi dalla competizione elettorale per non prestarsi a strumentalizzazioni politiche“. Ecco spiegata, in concretezza, l’assurdità del meccanismo giustizialista pentastellato, che alla fine ha travolto pure l’esponente grillino innocente fino a prova contraria.
“In questo caso non è neppure chiaro se ci sia una indagine, una precisa ipotesi accusatoria ma il senso dell’onore che si ha per se stessi e il rispetto per il prestigio delle istituzioni ci spinge a scelte di questo tipo, per evitare imbarazzi a se stessi e alla propria forza politica, per difendere i valori di legalità e trasparenza da sempre professati“, ha aggiunto Conte in una lettera a Dagospia.
Ma la legalità – tanto sbandierata dai 5s – si esprime anche attraverso il principio della presunzione d’innocenza, che il partito grillino sembra voler mettere da parte pur di riaffermare una presunta diversità dagli altri competitor politici.
“Lo dico ai nostri avversari: non saremo mai uguali a voi. Tenetevi gelosamente i vostri casi Sgarbi e Santanché, continuate a governare le regioni dai domiciliari come nel caso Toti, tenetevi saldi alle poltrone amministratori che palesemente utilizzano la politica per fare affari e per il tornaconto personale.
Noi invece ci teniamo stretti la testimonianza di Allegretti“, ha concluso infatti l’ex premier, definendo la scelta del candidato una “lezione che parla a tanti e guarda all’interesse del Paese intero“.
E il garantismo? Non pervenuto. Quando si usa il tema della superiorità morale come argomento elettorale, accade questo.