di Massimo Gramellini
Il caffè
Scrivere in un libro che non esistono neri italiani è inopportuno e improprio, ma non è un’offesa.
Così parlò il gip di Lucca, archiviando la querela di Paola Egonu contro il generale Vannacci. Continuo a pensare che, quando qualcuno ti dice «i tuoi tratti somatici non rappresentano l’italianità», si sta mettendo nelle condizioni di ferirti, al di là delle sue reali intenzioni. La campionessa di pallavolo ha dunque ragione a ritenersi offesa, però forse ha sbagliato a imboccare la via giudiziaria.
Non tutti i comportamenti beceri o semplicemente ottusi sono infatti dei reati, anche se non per questo possono essere considerati accettabili. Ma nel momento in cui chi se ne sente vittima decide di sottoporli al vaglio della Legge, corre il rischio che l’assoluzione o l’archiviazione vengano scambiate per un lasciapassare: se una frase non è punibile, allora significa che è innocua, anzi che è giusta.
Nessuno ragiona in questo modo, ci metterei la mano sul fuoco: se non la mia, quella di Vannacci. Ma le semplificazioni superficiali fanno parte della natura umana e il propulsore dell’impulsività le fa viaggiare alla velocità della luce.
Perciò non mi stupirei se la frase spiacevole del generale uscisse rinvigorita dal mancato pagamento di dazio giudiziario.
E se l’archiviazione della querela, che dal punto di vista tecnico non ho strumenti per criticare, fornisse un alibi morale al prossimo cretino che fischierà un atleta di discendenza africana nei nostri stadi.