di Valter Vecellio
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Passata la festa, gabbato per l’ennesima volta lo Santo?
A fronte delle mille, mirabolanti promesse elettorali, che cosa rimane? Le elezioni che ci siamo lasciati alle spalle registrano un enorme numero di astensioni: un elettore su due rinuncia al diritto di voto. In particolare dovrebbe far riflettere l’apparente apatia, o disincanto, giovanile. La generazione nata tra il 1980 e il 1995 ormai diserta in massa le urne con soglie di circa il 40%.
Eppure, proprio loro, i meno garantiti, i più penalizzati, dovrebbero essere i maggiormente interessati. Non è un destino roseo, quello che li aspetta. L’Inps stima che nel 2050, praticamente domani, i cittadini over 65 rappresenteranno fino al 35% della popolazione. Significa uno squilibrio tra lavoro e pensioni con un “rosso” di 20 miliardi già nel 2032. Un invecchiamento della popolazione che inevitabilmente comporterà il dover ripensare il sistema del welfare.
La manovra di bilancio incombe. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti non lascia spazio a sogni: la priorità anche per il 2025 il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35mila euro. Per il resto si valuterà: “Bisogna essere molto selettivi, privilegiare gli interventi più utili”.
Tanti saluti dunque a “Quota 41”, la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Stesso discorso per la proroga degli incentivi per pmi che scelgono di quotarsi in Borsa. Improbabile che si riduca a due le aliquote Irpef, se va bene si confermerà la riduzione già in vigore da quattro a tre.
Probabilmente resterà una promessa la detassazione delle tredicesime.In parallelo all’orizzonte il decreto ministeriale di Mef e Interno per stabilire i tagli alla spesa per 250 mln l’anno richiesti a Comuni e province, da sommare alla lista della spending review chiesta ai ministeri.Per molti si annuncia una stagione di sangue, sudore, lacrime.
Altro che la “pizzica” di Giorgia Meloni a Borgo Egnazia, o il Mon Amour di Elly Schlein sul carro allegorico del Gay Pride.