di CARLO CANEPA
Secondo il ministro Piantedosi, il 90 per cento delle persone che chiede protezione in Italia e in Europa non ne ha diritto.
I dati sull’accoglienza nell’Ue
Al 22,4 per cento dei richiedenti è stato riconosciuto lo status di rifugiato, una forma di protezione internazionale riconosciuta se c’è il timore che un migrante, ritornando nel suo Paese d’origine, possa essere perseguitato per vari motivi, tra cui quelli di religione, nazionalità o appartenenza a un determinato gruppo sociale. Al 19,2 per cento è stata riconosciuta la protezione sussidiaria.
Questa è la seconda forma di protezione internazionale che può essere concessa ai migranti che, sebbene non abbiano i requisiti per essere riconosciuti come rifugiati, correrebbero un rischio a tornare nel proprio Paese di origine. Infine, all’11,2 per cento dei richiedenti è stata riconosciuta la protezione per motivi umanitari, che ha regole diverse nei vari Stati europei (alcuni di questi non concedono questa forma di protezione).
Eurostat fornisce anche i dati sull’esito dei ricorsi fatti dai richiedenti asilo che hanno visto respinta la loro prima domanda di protezione. Nel 2023 circa il 27 per cento dei ricorsi a livello di Unione europea ha ricevuto un esito positivo [1].
Si potrebbe obiettare che la percentuale del «90 per cento» citata da Piantedosi è scorretta se calcolata sulle risposte delle richieste d’asilo in tutta l’Ue ed è invece corretta per l’Italia. I dati di Eurostat smentiscono però questa ipotesi. Nel 2023 il 46,3 per cento delle richieste d’asilo presentate per la prima volta nel nostro Paese ha ricevuto una risposta positiva, quindi poco meno di una su due. Il 10,4 per cento dei richiedenti ha ricevuto lo status di rifugiato e il 13,8 per cento la protezione sussidiaria, mentre al 22,2 per cento è stata concessa la protezione per motivi umanitari.
L’accordo con l’Albania
Si può fare un’altra obiezione, visto che la dichiarazione di Piantedosi è poco chiara: la percentuale del «90 per cento» citata dal ministro dell’Interno potrebbe fare riferimento alla percentuale di risposte negative ricevute dai migranti provenienti solo da alcuni Paesi. L’intesa siglata dal governo italiano con quello albanese, infatti, prevede che le strutture costruite in Albania, dove saranno esaminate le richieste d’asilo presentate da una parte dei migranti diretti verso l’Italia, saranno equiparate alle zone di frontiera italiane. In queste zone può essere svolta una procedura accelerata delle domande di protezione internazionale dei migranti che provengono dai Paesi considerati “sicuri” dall’Italia.
La lista più aggiornata di questi Paesi comprende: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Camerun, Capo Verde, Colombia, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.
Nel 2023 la percentuale di richieste d’asilo presentate da persone provenienti da questi Paesi che hanno ricevuto una risposta positiva nei 27 Paesi Ue è più bassa del 52,8 per cento visto sopra, ma non raggiunge comunque il 10 per cento, come lasciato intendere da Piantedosi.
Vediamo alcuni esempi, partendo dal caso della Tunisia, secondo Paese tra le nazionalità dei migranti sbarcati in Italia nel 2023 [2]. L’anno scorso il 17 per cento delle domande d’asilo presentate per la prima volta da cittadini tunisini nell’Ue ha ricevuto una risposta positiva. Questa percentuale sale al 27,8 per cento per i migranti provenienti dal Camerun, al 29,4 per cento per quelli della Costa d’Avorio, al 21,4 per cento per quelli del Senegal e al 22,1 per cento per quelli della Nigeria. Percentuali più basse sono invece registrate tra i richiedenti asilo provenienti dall’Egitto (12,1 per cento) e dal Bangladesh (12,9 per cento).