di Massimo Gramellini
Il caffè
Se esistesse un governo ombra, il ministro della Cultura non potrebbe che essere Giuseppe Conte.
L’altra sera si è lasciato andare a rivelazioni importanti. «Nel 2026, a Bologna, c’è stato l’attentato a Matteotti». L’unica parola giusta di tutta la frase era «Matteotti».
Un passo avanti rispetto all’anno scorso, quando durante un dibattito parlamentare lo confuse con Andreotti, ma ancora troppo poco per superare l’esame di terza media: Matteotti non subì un attentato, ma un sequestro, nel corso del quale venne ucciso. A Roma, non a Bologna. E non nel 2026, e neanche nel 1926, ma nel 1924 (infatti quest’anno, all’insaputa di Conte, si commemora il centenario).
Il timore è che si inneschi una dotta disputa con Sangiuliano, il quale potrebbe spostare il delitto Matteotti in Cambogia e attribuirlo ai khmer rossi. Ma nemmeno il ministro con delega alle gaffe riuscirà mai a competere con quella che Conte rimediò da presidente del Consiglio, inaugurando con un discorso scritto (!) la Fiera del Levante a Bari: «Con l’8 Settembre inizia un periodo di ricostruzione». Confuse l’armistizio (e l’inizio della guerra civile) con la Liberazione, l’8 settembre del 1943 con il 25 aprile del 1945. O del 2026.
Posso solo immaginare l’invidia che avrà provato Sangiuliano, ascoltandolo.
Specie quando Conte aggiunse che il miracolo economico ci «ha balzati» al settimo posto delle potenze mondiali. Perché quel grande innovatore non si accontenta di riscrivere la storia. Vuole mettere mano anche alla grammatica.