di Massimo Gramellini
Il caffè
Essendo un po’ tardo di comprendonio, ho impiegato due giorni per cogliere il senso profondo delle parole con cui la seconda carica esplosiva dello Stato ha commentato il pestaggio di un giornalista della Stampa da parte di alcuni esponenti di CasaPound.
Come ricorderete, La Russa aveva condannato l’aggressione di Andrea Joly, deprecando però che il cronista torinese non si fosse dichiarato ai suoi interlocutori, spiegando chi era, che mestiere faceva e quali casi della vita lo avevano condotto, proprio quella sera, a passare per una strada frequentata da tante personcine ammodo che sparavano fumogeni inneggiando al Duce e ad altri loro cari.
Lo confesso: inizialmente avevo interpretato le riflessioni del principe del Senato come un tentativo di ridimensionare la pericolosità di CasaPound, con l’aggiunta dell’immancabile corollario «e allora il Pd?», declinabile adesso anche in versione più spregiudicata: «E allora la Salis?».
Invece La Russa voleva dire tutt’altro.
Voleva dire che solo se il giornalista avesse specificato di essere un giornalista, il pestaggio sarebbe stato archiviabile alla voce «attacco alla libera informazione». Ma non avendo egli declinato le sue generalità ai picchiatori, costoro lo avevano menato senza sapere chi fosse e dunque il suo pestaggio andrebbe ridotto a semplice messa in riga di un ficcanaso qualsiasi.
La libertà di stampa, insomma, è salva. Per tutte le altre valuterà La Russa caso per caso, anzi Casa per Casa.