di Martina Zambon
Le tappe nel percorso verso il voto e gli scenari possibili per l'attuazione della legge voluta da Calderoli
Quali sono le condizioni perché si concretizzi il referendum per abrogare la legge d’attuazione sull’Autonomia differenziata?
In primo luogo si devono raccogliere almeno cinquecentomila firme a sostegno del quesito referendario depositato in Corte di Cassazione il 5 luglio scorso, a pochi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge Calderoli. Il quesito recita: «Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”?».
Il comitato referendario che include tutti i partiti d’opposizione con l’eccezione di Azione si è dato come ultimo giorno utile per la raccolta delle firme il 30 settembre in modo da puntare alle urne a primavera 2025. A ieri si erano già superate le 220 mila firme on line e un numero non ancora precisato di firme cartacee.
Una volta raggiunte le firme richieste si procede col referendum?
No, sull’ammissibilità del quesito si dovrà esprimere la Corte costituzionale. Dato che la legge che si vuole abrogare è «agganciata» a un articolo (il 116) della Costituzione, appare più che possibile che la Consulta si regoli come di fronte a una legge costituzionale e quindi non assoggettabile a referendum abrogativo. Se, invece, la Corte decidesse di dichiarare il quesito ammissibile, si procederebbe con le operazioni di voto.
Cosa ci sarebbe scritto sulla scheda?
La scheda riporterebbe per intero il quesito. Trattandosi di un referendum abrogativo si dovrà votare «sì» per cancellare la legge sull’Autonomia differenziata, voluta dal governo Meloni, che stabilisce le regole e il percorso con cui alcune Regioni potranno chiedere allo Stato maggiore Autonomia nella gestione di specifiche materie. Per difendere la legge che porta il nome del ministro degli Affari regionali, Roberto Calderoli, si dovrà invece votare «no».
Cosa c’entrano i consigli regionali?
Il referendum abrogativo previsto dall’articolo 75 della Costituzione stabilisce che 500.000 cittadini (da qui la raccolta di firme) oppure 5 Consigli regionali, possono proporre all’intero corpo elettorale “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”. Hanno deliberato a favore del referendum abrogativo 5 regioni, Emilia Romagna, Sardegna, Campania, Toscana e Puglia. I quesiti licenziati dai 5 parlamentini, però, non erano identici (in Emilia oltre all’abrogazione totale si è votato per un secondo quesito su un’abrogazione parziale) quindi si è proceduto con la raccolta delle 500 mila firme per chiedere il referendum.
Se la Consulta darà il via libera e si celebrerà il referendum abrogativo si apriranno due scenari opposti, cosa accadrebbe se vincesse il «sì»?
La legge Calderoli che fa da cornice, cioè specifica e fissa un percorso per consentire alle Regioni di chiedere forme di Autonomia differenziata, verrebbe cancellata. A quel punto si tornerebbe alla casella di partenza. Vale a dire all’articolo 116 terzo comma che, è il caso di ricordarlo, non prevede una «legge cornice» o «legge d’attuazione». Quindi una regione come il Veneto potrebbe tornare alla carica chiedendo direttamente l’Intesa allo Stato, a quel punto senza vincoli su fondi perequativi o Lep (livelli essenziali delle prestazioni) introdotti proprio dalla norma ormai abrogata. Oppure, più probabilmente, il Veneto che a febbraio 2018 aveva già firmato una pre-intesa con il governo Gentiloni, potrebbe ripartire esattamente da lì.
Cosa succederebbe, invece, se vincesse il «no»?
La norma resterebbe in vigore e si tornerebbe a seguire l’iter, decisamente articolato, fissato dalla norma stessa. Vale a dire che, sulle 23 materie richiedibili, solo 9 sono state definite come non «leppizzabili» e quindi immediatamente richiedibili. Per le altre 14, invece, si dovrà attendere giugno 2026 quando, in accordo con le scadenze del Pnrr, la Commissione tecnica fabbisogni standard (Ctfs) dovrà aver terminato la quantificazione dei Lep collegati in primis al federalismo fiscale (agganciato al Pnrr, appunto) e poi utilizzabili anche per la partita dell’Autonomia differenziata.