La dignità di Toti e la “strategia” della sinistra: analisi di un’inchiesta (ildubbio.news)

di Tiziana Maiolo

Politica

Se tutta quanta la storia, cominciata quattro anni fa a La Spezia con un’inchiesta per mafia, sorprendente, paradossale e furba, terminasse con l’assoluzione di Toti e la vittoria della sinistra in Liguria, avremmo assistito all’ennesimo ribaltone politico per via giudiziaria

Quando il gioco si fa duro… ecco Giovanni Toti di nuovo uomo libero, che rivendica il primato della politica, perché ai magistrati il compito di interpretare le leggi, ma ai politici quello di scriverle. E chissà se, prima o poi, non ci sarà proprio lui in Parlamento, magari come membro della commissione Giustizia, a scrivere le norme di settore.

Nessun piagnisteo, nel riprendere il filo del discorso. Un po’ come fece, senza voler forzare il paragone tra i due, Enzo Tortora quando tornò in Rai e al suo pappagallo nel dire «Dove eravamo rimasti?». Per la gip Paola Faggioni, che lo ha scarcerato questa mattina (la Guardia di finanza si è presentata a bussare alla porta alle 12,30), nei confronti dell’ex presidente della regione Liguria, permane «…l’estrema gravità delle condotte criminose».

Proprio i comportamenti che lo stesso Toti, sia nell’interrogatorio davanti ai pm che nella sua lunga memoria diffusa alla stampa, aveva sempre qualificato come azioni politiche di buona amministrazione.

Se lo scarcerano c’è un solo motivo, è il fatto che il presidente non è più tale, ha lasciato il campo. La gip lo dice esplicitamente. Lo liberiamo «nonostante l’estrema gravità delle condotte criminose…tenuto conto del comportamento serbato dall’indagato che ha rassegnato le proprie dimissioni da Presidente della giunta della Regione Liguria».

Il baratto si è consumato, tu dai qualcosa a me, sgomberi il campo, e io ricambio togliendoti le manette. Ma Toti non rinuncia certo a mettere i puntini sulle i: «Quello che è accaduto in questi tre mesi – denuncia su Facebook – è un processo alla politica: ai finanziamenti, trasparenti e legali, agli atti, anch’essi legali e legittimi, che abbiamo ritenuto necessari e utili a far crescere la nostra terra».

Del resto nessuno lo ha potuto accusare di essersi messo qualche euro nelle tasche, ma piuttosto di aver scambiato comportamenti politici e attività amministrative con favori e finanziamenti elettorali. Il principale coimputato nell’inchiesta è Aldo Spinelli, il patron di Spininvest, la holding che da due giorni è presieduta da David Ermini, uomo della sinistra, avvocato, ex parlamentare del Pd e già vicepresidente del Csm.

Una scelta che potrebbe cambiare la storia del porto di Genova, mentre già si sussurra che si sia già nell’anticamera di quel che potrebbe succedere se le elezioni anticipate in Liguria portassero a una vittoria del Pd e dei suoi alleati. E bravo Spinelli, uomo di sinistra, imprenditore scaltro che supplicava Toti di intercedere per il rinnovo, che lui voleva trentennale, del terminal Rinfuse.

Ora i giochi sono cambiati e serviva un uomo magari anche gradito alle toghe, e quanto gradito, visto che Ermini era il capo del Csm che nominò l’attuale procuratore di Genova, Nicola Piacente. Se poi la sinistra dovesse vincere le elezioni il prossimo 27 e 28 ottobre, ecco ottenuta la quadratura del cerchio. E non ci sarà neppure più bisogno di farsi appoggiare dalle toghe, ormai i giochi saranno completati.

Il giudizio di Toti sui suoi oppositori politici è netto: cappa grigia dell’ipocrisia, della cultura del sospetto, della doppia morale. Vogliamo lasciarla a costoro, esorta gli alleati, la nostra amata Liguria? Certo, quanto a ipocrisia e doppia morale, non ha torto. Lo dimostra la “soluzione” trovata all’interno del Pd al pasticciaccio della nomina di Ermini al vertice di Spininvest.

Tra l’imbarazzo di Andrea Orlando, che si sarebbe trovato con un dirigente del suo partito al vertice di una società inquisita per fatti di corruzione e voto di scambio, il furore dei vertici genovesi e liguri del Pd, e l’immediata presa di distanza del Movimento Cinque Stelle, ecco arrivare a salvataggio l’operazione di bassa bottega del presidente del Pd, Stefano Bonacccini. Ermini si tenga pure il porto di Genova, ma lasci la direzione del partito.

Se l’ex presidente della Regione Emilia-Romagna pensa così di aver salvato la capra e i cavoli non sappiamo, ma non ne saremmo certi. Perché la campagna elettorale è in corso, non si sa se partita il 7 maggio con gli arresti o il 18 luglio con la manifestazione a Genova con i quattro leader dell’opposizione, Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, o infine il 26 luglio con le dimissioni del governatore.

E il “caso Ermini” non sarà tralasciato, verrà ricordato in ogni comizio. E se tutta quanta la storia, cominciata quattro anni fa a La Spezia con un’inchiesta per mafia, sorprendente, paradossale e furba, terminasse con l’assoluzione di Toti e la vittoria della sinistra in Liguria, avremmo assistito all’ennesimo ribaltone politico per via giudiziaria.

Una storia che si ripete da oltre trent’anni. In ogni caso, tra il processo immediato e la campagna elettorale, in Liguria si aspetta un vero autunno caldo.

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