L’Ucraina tra buio e luce (linkiesta.it)

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L’arte della resistenza

I russi distruggono le infrastrutture elettriche perché vogliono che sul Paese che hanno invaso calino le tenebre.

Ma la cultura ucraina è forita nelle oscurità del Barocco e del Romanticismo ed è entrata nella contemporaneità attraverso il “Quadrato nero” di Malevych. Perché sono comunque sempre le tenebre a far nascere la luce

È l’autunno del 2022. I russi colpiscono di continuo con i loro razzi alcuni specifici luoghi strategici dell’Ucraina: il loro scopo è distruggere le infrastrutture energetiche, per far sprofondare il Paese nel buio e nel freddo. Vogliono che sull’Ucraina scendano le tenebre. Quando a Brovary, la cittadina nei pressi di Kyjiv in cui viviamo, manca la l’elettricità, mancano di conseguenza anche il riscaldamento, l’acqua e la connessione internet.

Non funzionano neppure i telefoni cellulari. Le persone più in difficoltà sono gli anziani e i genitori con bambini piccoli che si trovano a dover affrontare il problema di salire senza ascensore magari fino al decimo piano o addirittura fino al ventesimo. Voi vi arrischiereste a entrare in un ascensore pur sapendo che da un momento all’altro potrebbe mancare l’elettricità? Correreste il rischio di dover passare qualche ora in quello spazio chiuso e buio?

In uno dei momenti in cui c’è l’elettricità Volodymyr posta sui social media il quadro San Giuseppe falegname di Georges de La Tour. In quel dipinto è rappresentato San Giuseppe che lavora un pezzo di legno mentre, davanti a lui, un Gesù ragazzino con i capelli lunghi regge una candela. Volodymyr accompagna il post con questa didascalia: «San Giuseppe mette in moto un generatore durante il blackout a Brovary. Inizio del XVII secolo».

In un altro post di Volodymyr, dedicato a un quadro del pittore olandese del XVII secolo Gerard van Honthorst, si legge invece questa didascalia: «Chiaroscuro all’epoca dei bombardamenti missilistici». Sul quadro è rappresentata una festa a lume di candela. Oggi ci troviamo davvero in una nuova epoca barocca. Non ci troviamo, però, in quel Barocco nel quale lo spazio è dedicato al lusso, in quel Barocco nel quale i pittori e gli scultori riempiono quello spazio per scappare dal vuoto.

Ci troviamo in un Barocco diverso, in un Barocco esistenziale, drammatico, pessimistico. È il Barocco di Caravaggio, di Rembrandt, di van Honthorst, di de La Tour, di Shakespeare e di Pascal. È il Barocco del chiaroscuro, in cui la luce è soltanto un raro barlume, un lusso, un’eccezione in questo regno buio, nero e cieco.

(…) Sia la luce sia le tenebre possono dirci qualcosa. Non c’è una superiorità dell’una sulle altre o viceversa. La luce aiuta a vedere, il buio aiuta a sentire. La luce ci permette di porre dei limiti tra le cose, le tenebre aiutano le cose a compenetrarsi. La luce dà la possibilità di sapere, le tenebre danno la possibilità di sprofondare seguendo l’istinto e l’emozione. La luce è piena di ipocrisia, le tenebre sono piene di pericoli.

La luce rende il mondo neutrale, le tenebre dividono il mondo in “noi” e “gli altri”, in vicini e lontani, in persone amate e nemici. L’epoca della luce è stata il Rinascimento. Guardate gli affreschi di Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina a Roma: in quegli affreschi la luce non è solo onnipresente, ma è la materia stessa della pittura. Le cose, i corpi, l’aria, la terra sono fatti di luce, sono scolpiti dai suoi raggi. Si vede tutto anche le natiche erotiche del Padre.

Il mondo appare trasparente grazie a chi lo ha creato. Non si nasconde da noi neanche nei suoi aspetti più ambigui. Finalmente il mondo si è disposto a mostrarci tutto quanto. Ci ha dato la perfezione e le leggi della proporzione, ci ha dato la sezione aurea e la successione di Fibonacci. Guardate! Ammirate!

Un altro periodo connotato dalla luce è stato il Rococò, che si è sviluppato nel XVIII secolo, nell’epoca dell’Illuminismo e dello scavo artigianale nelle tenebre. Avanzando di un millimetro dopo l’altro, si estraeva il lume del sapere dalle tenebre dell’oscurantismo. Proprio su questo meditava Diderot mentre componeva la sua Enciclopedia.

La lotta per riconquistare i territori che erano stati rubati dalle tenebre è stata condotta con una cura certosina, attraverso centinaia e migliaia di révolutions légères, attraverso decine di volumi dell’Enciclopedia nei quali, con scrupolo e senza essere frettolosi, si raccontava il significato delle parole e del mondo e si spiegava come creare delle cose utili.

Ma il XVIII secolo è stato anche il secolo del Rococò, il secolo dell’aria, delle stoffe leggerissime, della pelle quasi trasparente oltre la quale si intravede il rosso dell’eccitazione, della confusione. È il secolo della pittura fatta di aria di Fragonard, nella quale i vestiti se servono soltanto per mettere in mostra le mobili curve dei corpi umani.

Ci sono però anche delle epoche delle tenebre. La nostra preferita è il Barocco, il XVII secolo. Il secolo delle fratture confessionali e delle guerre religiose. Il secolo che ha conosciuto una sua “guerra mondiale”, la guerra dei Trent’anni, che in alcune parti d’Europa dimezzò il numero dei vivi.

Quel secolo non ha saputo appoggiarsi alla luce, alla trasparenza, all’ottimismo, al godimento derivante dalla contemplazione. Guardare significa godere, se guardi la bellezza. Ma guardare significa soffrire, se guardi la morte, la malattia, la mutilazione e lo spegnersi delle cose. Il Barocco ritiene che la normalità sia costituita non dalla luce ma dalle tenebre.

La sua pittura è il chiaroscuro di Caravaggio e di Rembrandt, di van Honthorst e di de La Tour. È una pittura che considera la luce una rarità, un deficit, una meraviglia, un evento. Ma se la luce non è naturale, allora è sovrannaturale. La luce appare solo quando c’è di mezzo la divinità, quando arriva Dio a perforare questo mondo con la freccia della sua rivelazione.

Un’altra epoca delle tenebre è il Romanticismo del XIX secolo. I suoi personaggi, quelli di Novalis e di Hofmann per esempio, vivono nella notte. La sua musica è la musica della notte, la musica dei Notturni di Chopin. Il Romanticismo ritiene che le tenebre possano svelare“altre” verità non accessibili alla luce del sole, come quella vicinanza che è impossibile durante il giorno. La luce divide i corpi, e segna delle linee ben visibili come quelle che appaiono negli affreschi di Michelangelo che sono tutti incentrati sul disegno, sulla divisione, sull’ordine, sulla classificazione.

Le tenebre aiutano invece i corpi a unirsi nell’amore e nella morte. Per questo il Romanticismo parla dell’amore e della morte, del penetrarsi e dell’assorbirsi. Novalis lo chiama Alcahest – cioè Allgeist, “ogni spirito”, “spirito universale”. Le tenebre cancellano i limiti, ci fanno entrare nel fume della vita.

La cultura ucraina non ha avuto i suoi momenti migliori nelle epoche della luce: è stata più rilevante nelle epoche delle tenebre. I suoi punti di forza sono il Barocco e il Romanticismo nonché l’Avanguardismo del Novecento, che era anch’esso ribelle alla trasparenza, si basava sulla linea, con la prospettiva che tagliava lo spazio e il tempo, spezzandolo in mille altri spazi, senza la possibilità di una ricomposizione. Il Quadrato nero di Malevych è il simbolo di questo avanguardismo ucraino.

È il buio del grande inizio. È il nero cosmico, il nero delle terre ucraine. Nel buio si vede male da lontano, ma, da vicino, ci si sente meglio. Ed è possibile vedere anche quello che gli occhi non vedono. Forse è per questo che nella sua pittura Taras Shevchenko, il figlio del Romanticismo, adora il chiaroscuro: soprattutto nel periodo del suo esilio, il chiaroscuro dei suoi disegni dona la parola e la luce a quelli che rimarrebbero nell’oblio se non ci fosse Shevchenko a parlarne. I contadini kazaki o baygush o i soldati imprigionati. È stato lui a sottrarli alla bocca delle tenebre e dell’oblio.

“Trasparenza” è poi diventata una delle parole di culto della fne del Novecento. Il glamour è la festa della trasparenza. Vivere per essere visti, vivere per essere fotografati, per essere ripresi in centinaia e migliaia di foto, per rimanere nelle teste, nelle memorie e nei cellulari di milioni e miliardi di persone. Il nostro mondo ucraino è diverso.

Noi cominciamo dalle tenebre. Le tenebre sono il nostro inizio, l’inizio della nuova esperienza, l’inizio della nuova sensibilità, l’inizio del nostro pensare e del nostro fare. Le tenebre illuminate dalla luce del fuoco e dalle rivelazioni.

Il buio del Maidan la sera e la notte. Il buio dei posti di blocco nella notte. Il buio delle quattro del mattino del 24 febbraio 2022. Il buio degli arresti e delle perquisizioni nei territori occupati dalla Russia, quando vengono a prenderti alle cinque del mattino prima della sveglia. Il buio dei blackout e dei razionamenti dell’elettricità, il buio delle strade in cui ti muovi con la lanterna in mano, il buio delle case nere, in cui le luci sono spente, il buio dei semafori accecati che non gestiscono il traffico stradale.

Ma sono comunque le tenebre a far nascere la luce, come accade nella fotografa La luce vincerà scattata all’Azovstal da Dmytro Kozatsky.

In quell’immagine un militare ucraino sta sotto il raggio della luce con le braccia aperte, come se stesse ricevendo la forza dell’altro mondo.

Solo una striscia sottile, ma presto si diffonderà, si rafforzerà, si rinvigorirà. Noi ci crediamo. La luce dell’Illuminismo poteva nascere solo dalle tenebre del Barocco. La luce del Rinascimento poteva nascere solo dalle tenebre del XIV secolo e della peste. Questa luce nasce come una freccia solitaria che dovrà riempire tutto lo spazio circostante. Solo allora un nuovo Michelangelo potrà dipingere un’altra volta degli affreschi come quelli della Cappella Sistina, solo allora si potrà bere la luce come fosse acqua, la si potrà respirare come fosse aria.

Ma per adesso non è così. Per noi questa luce si limita ancora a dei bagliori isolati, in mezzo al dolore, alle soferenze e alle perdite. Quei bagliori di luce sono come le gocce di un elisir che entrano nelle nostre vene attraverso una febo. Impossibile, per ora, assumerli per via orale. Per noi i bagliori di questa luce sono dei messaggeri che a volte aspettiamo invano e a volte invece no. Sono loro che decidono quando venire e quando andare via, chiedendoci di essere forti e resilienti. La luce è come un evento raro, come una rivelazione che apprezziamo ancora di più perché potrebbe lasciarci da un momento all’altro.

(…) Viviamo veramente in una nuova epoca barocca. Il mondo del Barocco è il mondo del cambiamento, il mondo in cui sono assenti le linee dritte. È il mondo dell’unione degli opposti. È il mondo in cui le cose non sono caratterizzate dalla staticità, in cui le cose diventano l’ombra di se stesse, come le sagome che appaiono sui negativi delle fotografe. È il mondo in cui il bianco diventa nero, in cui il bene diventa male, in cui la luce diventa buio, in cui la ragione diventa pazzia, in cui la forza diventa debolezza e viceversa.

È il mondo di Shakespeare. Le sue tragedie diventano il commento migliore per il XXI secolo. Il Macbeth è la storia della trasformazione di un guerriero in un criminale. Il Re Lear è la trasformazione della ragione in pazzia, della regalità in vagabondaggine. L’Otello è una storia in cui il bene può essere rappresentato come un male e viceversa.

Ed è anche una storia su come possiamo trasformarci rapidamente in pazzi. L’Amleto è una storia in cui, per prevalere, la ragione deve spacciarsi per pazzia e la virtù per crudeltà. In quei drammi il tempo si velocizza e si velocizza altrettanto il tempo della rovina. Non ci si accorge di come la propria civiltà possa presto trasformarsi un deserto.

Tutto quello che è fragile ha bisogno di protezione, della nostra protezione umana.

Traduzione di Yaryna Grusha. Questo brano è tratto dal libro “La vita sull’orlo” di prossima uscita in vari Paesi europei. È apparso per la prima volta sulla rivista The Ukrainians.

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(max-kukurudziak)

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