di Antonino D’Anna
Mah.
Piero Sansonetti, direttore dell’Unità, sul numero del 14 agosto espone un’audace teoria: le Brigate Rosse e più che altro il terrorismo rosso, negli anni tra il 1972 e il 1992 (ma gli anni di piombo convenzionalmente non terminano nel 1984 con la strage del Rapido 904?), hanno spinto l’Italia verso le riforme e il socialismo.
Incredibile ma vero: il Partito comunista italiano, nella figura del suo segretario Enrico Berlinguer, seppe cogliere al balzo il momento e se ci fate caso, scrive Sansonetti, riforme come l’aborto o l’abolizione dei manicomi arrivano meno di sei mesi dopo l’assassinio di Aldo Moro, anno 1978. Insomma, i “compagni che sbagliano” erano eroi che hanno cambiato l’Italia in meglio, e non lo sapevamo.
Perché le loro vittime a differenza per esempio di quelle dell’Italicus sono morte almeno per un nobile scopo, portare l’Italia a diventare un Paese moderno quale era nel 1979, quasi vicino al socialismo. Parentesi: socialista era Bettino Craxi e lui con le Br ci trattava per Moro vivo, non per sacrificare gente sull’altare dell’ideologia.
Chissà che cosa ne pensano i parenti delle vittime di Via Fani. Chissà che ne pensa quell’ex ragazza di appena vent’anni che da quel 1978 non riesce a toccare una chitarra perché gli spari e i raschi dei motori che si portavano via il presidente della Democrazia Cristiana (per Sansonetti uno che detensionava la situazione ma non era riformista) lasciando cinque morti per terra si sono portati via un pezzo della sua gioventù.
Chissà che ne pensano gente tipo Alberto Torregiani o il fratello di Andrea Campagna, freddato pure lui da Cesare Battisti e compari perché poliziotto. Campagna che era contento perché s’era comprato l’Alfasud usata e si doveva sposare: ecco, gente così evidentemente non aiutava il riformismo ma è morta per un fine buono, sono morti più degni delle vittime degli “altri”.
Bocca mia taci.