di Luca Sablone
"L'Ucraina apre gli occhi sulla forza modesta del Cremlino"
Il giornalista punta il dito contro il centrodestra: «L’euro-atlantismo non è autenticamente sentito». E accusa anche il Pd: «Scivolamenti preoccupanti». La previsione: «Trump è l’ultima carta dello zar»
La controffensiva dell’Ucraina ha colto di sorpresa Vladimir Putin, anche perché la Russia ora inizia a capire cosa vuol dire avere una guerra in casa. Ne abbiamo parlato con Jacopo Iacoboni, giornalista e autore di libri-inchiesta sulla Russia in Italia e in Europa (tra cui Oligarchi e Il Tesoro di Putin per Laterza), che non si sbilancia sulla possibile «svolta» del conflitto ma fissa un punto ben chiaro: «Kyiv ha preso nella regione di Kursk in 10 giorni 1150 kmq di territorio russo».
Eppure in Italia prosegue il «dibattito surreale» sulla pace, influenzato negativamente da forze politiche «opache» o «direttamente collegate ai russi». Le uscite di Guido Crosetto non preoccupano lo scrittore, secondo cui piuttosto le dichiarazioni del ministro della Difesa confermano la nostra ambiguità su un «euro-atlantismo non autenticamente sentito da troppe parti della sua maggioranza».
Per Iacoboni l’isolamento dell’Italia non è un rischio ma già una cruda realtà, sia per le divisioni nel centrodestra sia per le sfumature nell’opposizione: «Abbiamo un dibattito lunare, credo che in tutto il resto del mondo ci ignorino semplicemente». Intanto Putin ripone le sue speranze verso Donald Trump, «l’unica vera fiche a lungo termine, la sua ultima carta».
L’Ucraina avanza in Russia: è la vera chiave di svolta del conflitto?
«È difficile parlare con certezza di “svolta”. Sicuramente l’offensiva ucraina ha preso nella regione di Kursk in 10 giorni 1150 kmq di territorio russo, il che era impensabile, ed è più di quanto i russi abbiano preso nel Donetsk. E questo è un grande problema per Putin, scoprire di avere la guerra. In casa».
Eppure l’Italia teme che questo possa allontanare la pace. Davvero la controffensiva è un assist a Vladimir Putin che non vuole negoziare?
«L’Italia vive un dibattito surreale, influenzato da forze politiche opache, o a volte direttamente collegate ai russi. Il dibattito italiano sulla “pace” è lunare, nel senso che non credo esista una trattativa in stato avanzato. Putin, chi ne conosce la storia lo sa, ha sempre tradito ogni accordo o trattativa fatta: con la Georgia, la Moldova, a Minsk due volte con l’Ucraina. E gli ucraini, a differenza degli opinionisti dei talk show italiani, lo sanno bene: dunque, non esistendo alcuna trattativa reale, stanno facendo capire anche ai russi cosa significa la guerra in casa».
Fino a questo momento il governo Meloni ha vantato coerenza e schiena dritta sul sostegno militare a Kyiv. Le ultime dichiarazioni del ministro Crosetto, che poi ha fatto un passo indietro, la preoccupano?
«Più che preoccuparmi, le dichiarazioni di Crosetto confermano che l’Italia si barcamena dentro un euro-atlantismo non autenticamente sentito da troppe parti della sua maggioranza, e del suo mondo politico-giornalistico di riferimento. Il giorno in cui l’Italia discuteva sull’eventuale uso in Russia di armi italiane (gridando “no giammai!”), Kyiv prendeva Sudzha e faceva centinaia di prigionieri in Russia. Abbiamo un dibattito lunare, credo che in tutto il resto del mondo – sicuramente a Kyiv, ma anche purtroppo a Parigi e Berlino – ci ignorino semplicemente. Semmai si discute ora se dare agli ucraini anche il permesso di usare gli Storm Shadows e gli Atacms in Russia».
Crede che l’atlantismo italiano stia iniziando a cedere? Non possiamo permetterci di isolarci proprio ora…
«L’Italia de facto è già isolata. Non solo per colpa del governo. Direi che anche nel Pd ci sono scivolamenti preoccupanti. Al Parlamento europeo c’è stato un voto separato inquietante, in cui nel Pd solo Picierno e Gualmini hanno preso la posizione giusta, quella del resto dei socialdemocratici europei. Il resto del partito no».
La controffensiva di Kyiv ha un impatto sulla figura di Putin? Il grado di persuasione della propaganda resta sempre forte, ma è crollata l’idea di un esercito granitico in grado di difendere i propri confini…
«Putin… La controffensiva sicuramente apre gli occhi sulla sua reale forza (modesta) in molte cancellerie occidentali. Ma dentro la Russia, gli oppositori sono stati o ammazzati, o incarcerati, o fatti uscire dalla Russia nel recente scambio di prigionieri. La Russia di Putin è un gulag 2.0».
Gli occhi sono puntati sulle elezioni presidenziali Usa di novembre. Con la vittoria di Donald Trump come cambierebbe la postura dell’America verso l’Ucraina nella resistenza contro la Russia?
«Trump è l’unica vera fiche a lungo termine per Putin. L’ultima sua carta, perché Trump è totalmente compromesso coi russi, con capitali russi, con infiltrazioni russe nella sua campagna. Ma di fronte a Kamala Harris lo vedo molto più in difficoltà e meno sicuro di prima. Ed Harris sarebbe per Putin un disastro, forse anche più dura, perché meno “politica”, di Joe Biden. Un grande presidente americano in politica estera».