È davvero così importante come si dice? Chi ci ha guadagnato di più? E cosa comporta per il conflitto israelo-palestinese?
Giovedì il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato in maniera inaspettata la normalizzazione dei rapporti tra Emirati Arabi Uniti e Israele. Normalizzazione dei rapporti significa l’inizio delle relazioni diplomatiche tra i due paesi: un evento enorme, in un certo senso, perché non era mai successo che un paese arabo del Golfo Persico riconoscesse ufficialmente Israele.
L’annuncio di Trump, fatto come di consueto su Twitter, è stato ripreso e celebrato da molti politici e osservatori, soprattutto perché tra le altre cose prevede la temporanea sospensione delle rivendicazioni di sovranità di Israele su alcune zone della Cisgiordania, un tema particolarmente caro ai paesi arabi, oltre che ai palestinesi: l’occupazione dei territori palestinesi è infatti il motivo per cui ad oggi solo tre paesi arabi – Egitto, Giordania e ora Emirati – riconoscono Israele.
Da giovedì l’accordo – che forse non si può definire nemmeno accordo, visto che non è stato ancora firmato nulla – è al centro di grandi dibattiti e oggetto di diverse interpretazioni. Per esempio c’è chi lo considera una svolta fondamentale per il futuro della regione, e chi invece lo descrive come la formalizzazione di qualcosa che c’era già – cioè i rapporti tra Emirati e Israele, «uno dei segreti tenuti peggio dell’intero Medio Oriente»; c’è chi lo vede come una vittoria totale del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, e chi invece crede che la delusione della destra israeliana finirà per penalizzare il capo del governo in carica. Praticamente tutti sono d’accordo che l’accordo sia una sconfitta per i palestinesi, nonostante l’accantonamento del piano del governo israeliano per annettere pezzi della Cisgiordania.
Ma quindi: quanto è davvero importante l’accordo annunciato ieri? Cambierà qualcosa in Medio Oriente? Che conseguenze avrà per il conflitto israelo-palestinese? Partiamo dall’inizio … leggi tutto