di Alessia Moro
Il momento giusto
Nonostante i progressi nella regione di Kursk, l’esercito ucraino è in difficoltà davanti all’avanzata delle forze russe sul fronte orientale.
Ma Stati Uniti e Ue avrebbero il potenziale economico per influenzare l’andamento della guerra e prevenire conseguenze più gravi in futuro
La guerra in Ucraina è diventata ormai una guerra di logoramento, una guerra in cui la vittoria è della parte che resiste di più sul piano delle risorse umane e materiali. Se si guarda ai due eserciti e al rapporto di forze, una vittoria gialloblù può sembrare improbabile, specie se si considera il rallentamento del supporto militare all’Ucraina da parte dell’occidente. Eppure, se dotata di risorse sufficienti, Kyjiv potrebbe avere successo sul campo, come dimostra l’attuale incursione sul territorio russo.
La controffensiva nella regione di Kursk, che analisti ed esperti credevano temporanea, è in corso da due settimane e, seppur lentamente, l’esercito ucraino sta ancora avanzando, con l’intenzione di mantenere i territori conquistati il più a lungo possibile. Uno degli obiettivi dichiarati dal presidente Vlodymyr Zelensky è la creazione di una zona cuscinetto che consenta di evitare attacchi russi ravvicinati sul suolo ucraino.
Negli ultimi giorni l’esercito ucraino ha anche danneggiato tre ponti sul fiume Seym che collegavano una grossa area di confine con l’Ucraina al resto della Russia e che l’esercito russo usava per i rifornimenti militari. Se l’Ucraina riuscisse ad accerchiare questa regione, sarebbe un grande successo che consentirebbe di allargare ulteriormente la porzione di territorio russo conquistato.
Però l’impegno nella zona di Kursk ha ulteriormente indebolito la presenza ucraina sul fronte orientale, dove nelle ultime settimane l’esercito russo sembra essere tornato ai ritmi di conquista dell’inizio della guerra. Le forze russe stanno infatti avanzando velocemente nella regione orientale di Donetsk, che è già in buona parte sotto il controllo di Mosca.
Dopo la conquista del villaggio di Artyomov, l’esercito è diretto verso Pokrovsk, città situata in un punto strategico per il rifornimento delle truppe ucraine, dove le autorità stanno evacuando centinaia di civili. Quindi, se lo scopo di Kyijv era determinare un rallentamento dell’avanzata russa, non c’è ancora nessun segnale positivo.
Il confronto tra i due eserciti rimane sproporzionato perché i problemi dell’Ucraina al fronte sono la mancanza di soldati e la scarsità di risorse economiche e militari, che devono quindi essere razionate ed essere dosate nei diversi fronti aperti.
A questo si aggiunge il fatto che i Paesi occidentali continuano a limitare l’invio di aiuti economici e militari all’Ucraina. La guerra ha messo sottopressione l’industria bellica statunitense ed europea, e soprattutto i Paesi Europei fanno fatica a stare dietro all’enorme consumo di armi e munizioni.
Tuttavia, Lars Calmfors, economista e professore di economia internazionale presso l’Università di Stoccolma, scrive sul Financial Times che le risorse economiche dell’Occidente superano di gran lunga quelle della Russia. Nel lungo termine, questa capacità economica potrebbe essere trasformata efficacemente in capacità militare, diventando decisiva nell’evoluzione del conflitto.
Secondo la Banca Mondiale il Pil combinato di Stati Uniti, Ue e Regno Unito è circa nove volte più grande di quello della Russia. E il Pil combinato dell’Ue e del Regno Unito è cinque volte maggiore di quello della Russia. Questo vuol dire che l’Occidente potrebbe mobilitare delle risorse significative a sostegno dell’Ucraina con effetti molto marginali sul tenore di vita.
Inoltre, i dati dello Stockholm International Peace Research Institute dicono che nel 2023 la Russia ha speso il 5,9 per cento del Pil in risorse militari, mentre la spesa dell’Ucraina è stata del trentasette per cento. In altre parole, la Russia ha speso circa centocinquanta miliardi di dollari in più. Qualche stima potrebbe aiutare ad avere un quadro più chiaro della situazione.
Se l’Occidente dovesse contribuire con lo stesso importo per permettere all’Ucraina di mantenere le sue posizioni, l’impatto sul Pil sarebbe minimo: si tratta dello 0,26 per cento del Pil combinato degli Stati Uniti, dell’Ue e del Regno Unito e dello 0,48 per cento del Pil di Ue e Regno Unito se dovessero finanziare da soli Kyjiv.
Inoltre, se l’Ucraina dovesse avere bisogno del trenta per cento in più di risorse per proseguire nell’avanzata e riprendere parte dei territori occupati, sarebbe necessario un supporto di circa duecentosessantacinque milioni di dollari. Questa cifra corrisponde allo 0,45 per cento del Pil di Stati Uniti, Ue e Regno Unito e allo 0,85 per cento del Pil di Ue e Regno Unito.
Queste stime mostrano come i sacrifici economici dei Paesi occidentali per fornire armi e munizioni all’Ucraina siano piuttosto ridotti rispetto agli effettivi costi sostenuti dai due Paesi in guerra, e che quindi le risorse economiche per aiutare Kyjiv in realtà ci sono.
Quello che forse l’Occidente dovrebbe cambiare è l’approccio al sostegno all’Ucraina, vedendolo in una prospettiva a lungo termine. Fornire a un Paese democratico sotto attacco l’aiuto di cui ha bisogno adesso, e quindi affrontare i costi che ne derivano, dovrebbe servire a evitare di pagare, in futuro, un prezzo molto più alto, non solo in termini economici ma potenzialmente anche umani. Infatti, se la Russia dovesse vincere in Ucraina, non c’è nessuna garanzia che si fermi lì. Un’eventuale evoluzione del conflitto potrebbe mettere in discussione la pace a cui gli europei sono abituati dal 1945 e determinare conseguenze a livello globale.
Al momento, Vladimir Putin confida nel fatto che alla fine l’Occidente si stancherà di finanziare l’Ucraina, permettendo alla Russia di sostenere i costi della guerra più a lungo. Ma un intervento meno incerto da parte di Europa e Stati Uniti rispetto a quello attuale potrebbe, forse, indurre Mosca a ricalcolare le proprie spese militari e fare un cambio di rotta.