Travaglio fa le pulci agli altri poi colleziona condanne

di

Il direttore del "Fatto" denuncia sempre fake 
news ma dimentica tutte le sue, costategli molti 
risarcimenti

Forcaiolo mai pentito e fustigatore di colleghi. Il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio non si stanca di castigare con la sua penna i politici caduti in qualche disgrazia giudiziaria né di punzecchiare i colleghi che non la pensano come lui.

Con le armi lecite dell’ironia ma anche con quelle, meno corrette, della delegittimazione. Non il massimo della coerenza considerando che, insieme al brillante curriculum giornalistico che lo ha portato a co-fondare e poi a dirigere il Fatto, Travaglio vanta una discreta serie di condanne per i suoi scoop che talvolta, a giudicare dalle sentenze, non erano senza macchia.

Una «caratteristica» comune a molti giornalisti, perché errare è umano. Ma che mal si addice a chi veste i panni del maestro in cattedra: una debolezza, quella della sindrome del migliore, che rende meno coerente quell’elenco di condanne con l’immagine che il direttore ha e vuole dare – di sé.

Così, quando si tratta di parlare dei suoi errori, va a finire che non sono praticamente mai suoi. Mentre gli altri, come ebbe a dire dei «direttori di Berlusconi» nella sua autodifesa del 2013, a Servizio Pubblico, «sono quasi tutti condannati più e più volte» perché «loro sì sono diffamatori professionali». Lui è una vittima di circostanze sfortunate.

Nel 2000, per esempio, Travaglio viene condannato in sede civile a risarcire Cesare Previti di 79 milioni di lire per averlo definito, sull’Indipendente, «futuro cliente di procure e tribunali». Ma Travaglio dice d’esser stato condannato solo perché il giornale era fallito e l’avvocato che doveva difenderlo di conseguenza non s’era fatto vivo per far presente che Previti era davvero indagato, tanto che «in appello m’hanno dimezzato la cifra».

Targata Previti anche una condanna penale per Travaglio, relativamente a un articolo del 2002 per il quale la corte d’Appello di Roma lo multa di 1000 euro per diffamazione aggravata a mezzo stampa, decisione confermata dalla Cedu, a Strasburgo, alla quale Travaglio s’era appellato, e che invece riconosce come l’articolo fosse diffamatorio.

Per Travaglio colpa «di un taglio redazionale che non ho fatto io». Per la sentenza d’appello, invece, è chiara la «portata diffamatoria» e «vi è prova del dolo da parte del Travaglio».

Nel 2004 viene condannato, sempre in sede civile, per aver confuso il parlamentare Pippo Fallica con un Giuseppe Fallica funzionario di Publitalia, attribuendogli una condanna per false fatturazioni? Lui non lo nega, ma lamenta solo di aver pagato 55mila euro di risarcimento e di essere, nel 2013, ancora in attesa di riavere indietro la differenza dopo che l’appello aveva ridotto l’importo a 15mila euro.

L’anno dopo a Roma, ancora sede civile, il tribunale lo condanna a pagare 12mila euro a Fedele Confalonieri per aver scritto che era coimputato con Berlusconi nel processo Mediaset, ma il reato del quale era accusato Confalonieri «era diverso da quello contestato al Cavaliere». Per lui, però, la colpa è del giudice che «ha capito che io avessi detto che era imputato per lo stesso reato e mi ha appioppato 12mila euro».

Colpa altrui anche la condanna sede civile a risarcire 5mila euro al magistrato Filippo Verde, definito da Travaglio in un libro «più volte inquisito e condannato» anche se successivamente il processo s’era concluso con una sentenza di prescrizione ma, appunto, che sfortuna, «il giudice ha capito che fossero condanne definitive e m’ha appioppato 5mila euro», sospira ancora lui.

Viene querelato anche da Antonio Socci per due articoli del 2004. E nel 2008 ammette pubblicamente di aver usato «toni e affermazioni ingiuste» incassando in cambio la remissione.

Esito diverso, a oggi, quello con un’altra collega, la vice del Tg1 Grazia Graziadei: Travaglio nel 2010 la accusa di aver «sparato cifre a casaccio spacciandole per cifre ufficiali del ministero della Giustizia», e dopo tre sentenze di non luogo a procedere annullate dalla Cassazione, una condanna per diffamazione in primo grado e un’assoluzione in appello annullata ancora dalla Cassazione, a marzo scorso, dopo 14 anni, la corte d’Appello civile ha condannato Travaglio a pagare 20mila euro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *