Nicola Lilin, lo scrittore Dazieri: «Il mondo della cultura lo osannava: siamo in Italia, vince chi la spara più grossa» (open.online)

di Alba Romano

Il ricordo di Sandrone: mi aveva detto di essere 
amico di Licio Gelli

Minacce, insulti e avvertimenti. Nei giorni scorsi lo scrittore filo-russo Nicolai Verjbitkii, meglio noto come Nicolai Lilin, si è scagliato contro i giornalisti della Rai Stefania Battistini e Simone Traini. Accusati dal Cremlino di aver invaso il territorio russo durante l’avanzata delle truppe di Kiev a Kursk. L’autore proputiniano, candidato di Michele Santoro alle elezioni europee 2024, li ha definiti su YouTube «deficienti» e pure «propagandistici».

Per poi passare alle minacce: «Se un giorno qualcuno di questi aiutanti dei terroristi (…) si troverà con un po’ di polonio nel tè, purtroppo cari amici sappiate che vi siete scavati la fossa da soli». In questi anni, Lilin – scrittore moldavo naturalizzato italiano – ha alimentato le diverse, e tante, fake news che circolavano sull’invasione russa in Ucraina.

Le bufale su «Educazione siberiana»

Ma non solo. Sono in tanti a pensare che il suo romanzo di formazione (criminale) Educazione Siberiana (Einaudi 2009), ambientato in Transnistria, tradotto in diversi paesi e diventato persino un film grazie a Gabriele Salvatores, racconti una storia – quella dell’autore – priva di credibilità. Ma facciamo un passo indietro. Il romanzo racconta la vita di un ragazzo siberiano educato da un’intera comunità criminale a diventare un “criminale onesto”.

Lilin ha vissuto per molti anni a Tighina, municipalità della Moldavia, nella regione storica della Bessarabia, de facto parte della Repubblica di Transnistria. Racconta la sua infanzia, adolescenza e maturità nella presunta comunità criminale di origine siberiana (chiamati “Urka”) stanziata in Transnistria dopo la deportazione ad opera del regime di Stalin.

La comunità di cui fa parte è regolata da leggi interne non scritte ma rigidamente osservate, pena l’espulsione dalla comunità stessa. Tuttavia, proprio in occasione dell’uscita di Educazione siberiana è stata messa in dubbio la veridicità dello stesso Lilin (visto che l’autore ne ha sempre affermato la natura autobiografica) e delle storie narrate.

Le smentite

Nel 2009 la giornalista Anna Zafesova smentiva su La Stampa le invenzioni contenute nel libro. In particolare, è stata smentita l’esistenza stessa degli Urka e delle vicende che la riguardano. Come la deportazione di questa popolazione in Ucraina, dal momento che le deportazioni staliniane seguivano il flusso opposto, ossia le persone venivano trasferite forzatamente in Siberia e non dalla Siberia.

E anche all’estero qualcuno aveva cominciato a farsi delle domande, come ricorda il Fatto Quotidiano in un articolo del 2011: Michael Bobick, antropologo americano che in quel periodo stava compiendo ricerche sulla Transnistria, aveva pubblicato sul sito Transitions un articolo dove attaccava il romanzo.

«Gli urca non sono un’etnia ma una categoria criminale generica (…). E Bender, la città dove Lilin è nato nell’80 e ha ambientato il libro, è molto più tranquilla della capitale della Transnistria,

Tiraspol, contrariamente a quanto scritto», si legge. Ha inoltre suscitato parecchie perplessità l’arruolamento nell’esercito russo e la partecipazione alla guerra di Cecenia: Lilin è cittadino russo, ma è nato in Transnistria, in territorio moldavo, perciò è poco credibile un arruolamento forzato tra i russi.

Il racconto dello scrittore Danzieri

Ma, ora, l’autore moldavo è tornato alla ribalta dopo il duro attacco ai giornalisti della Rai. Di recente, inoltre, alcune testate hanno riportato che Lilin si sarebbe trasferito all’estero a seguito di presunti procedimenti penali a suo carico e perquisizioni in Italia sulla base di dichiarazioni fatte sul suo canale YouTube.

E sono tante le testimonianze, anche di autori italiani, che dubitano della sua credibilità. Come lo scrittore e sceneggiatore, Sandro Dazieri, detto Sandrone, che sui social scrive: «Nicolai Lilin è scappato dall’Italia perché, dice lui, accusato di essere una spia di Putin. Considerando le balle che ha raccontato da quando è arrivato in Italia, probabilmente non è vero niente, a parte la fuga. Se sei una spia, non ti ritirano il passaporto, ti portano via».

Dazieri racconta, inoltre, di aver conosciuto Lilin in occasione dell’uscita di Educazione Siberiana: «Mi raccontò di essere amico di Licio Gelli e di andare in giro armato perché aveva tanti nemici. Il libro era molto interessante, ma conteneva una serie di balle evidenti sia sulla storia della Russia, sia sulla sua vita. Metà della mia famiglia è russa e quindi ho fonti dirette, ma ero stupefatto che tutti gli credessero», scrive.

«Chi lo amava di più era la sinistra»

Lo scrittore punta, inoltre, il dito contro il mondo della cultura, che cominciò ad «acclamarlo come un eroe, un pensatore, un filosofo» nonostante le bufale. Come il pezzo scritto per l’Espresso, precisa Dazieri, dove l’autore moldavo spiegava di essere «un ex cecchino e di aver ricevuto offerte da gruppi mercenari di alto livello per andare a combattere da qualche parte. Era talmente una vaccata che mi aspettavo gli tirassero le uova».

All’epoca, per Dazieri, ex attivista ambientalista e per il diritto alla casa ed ex collaboratore del Manifesto, «era come vivere in un mondo parallelo dove, soprattutto, chi lo amava di più era la sinistra. Partecipava a dibattiti sulla democrazia, sulla guerra, sul mondo intero, faceva mostre di tatuaggi “siberiani” con le sponsorizzazioni istituzionali.

Ogni volta che parlavo di lui venivo accusato di spargere merda su “uno più famoso di te” oppure di essermi fatto abbindolare da amici e parenti russi, che evidentemente ce l’avevano con uno che diceva la verità sul regime putiniano».

I libri e la propaganda

E quando i libri di Lilin cominciarono a vendere meno e la sua faccia accostata alla propaganda putiniana, lo scrittore di Cremona sperava che «qualcuno che gli aveva dato lustro e visibilità avrebbe fatto autocritica. Invece no. Persone di sinistra che conoscevo molto bene decisero di candidarsi con lui perché “pacifista” e ancora una volta mi sembrò assurdo», scrive Dazieri, riferendosi, con ogni probabilità, alla scelta di Santoro di candidarlo nella sua lista alle elezioni europee del 2024.

«Ma come era possibile che si alleassero con uno che pubblicava fotomontaggi con il presidente ucraino che tirava cocaina – continua -, in cui scriveva che la moglie di Navalny si divertiva con gli amanti mentre lui moriva? Che insultava gli omosessuali nascosti nell’esercito ucraino? Non lo so, non riesco a capirlo nemmeno ora. Va bè, la storia non è finita – continua -, visto che sono di oggi le sue velate minacce al polonio per i giornalisti che parlano male dello Zar. Spero solo che, adesso che è latitante, non se ne faccia un martire del libero pensiero. E spero anche chi lo incensava adesso non lo insulti. Eh no, certe cose vanno fatte quando è difficile, non quando conviene. Ma siamo in Italia. Chi la spara più grossa vince sempre», conclude.

(ANSA/ALBERTO ESTEVEZ | Nicolai Lilin 2010)

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