di Aldo Grasso
Padiglione Italia
L’odio Gli attacchi scomposti e livorosi di coloro che si credono «scrittori»
Cecilia Parodi è indagata per «istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale» (più che insulti le sue sono aberrazioni) su denuncia della senatrice Liliana Segre, così come il filorusso Nicolai Lilin, sodale di Michele Santoro, ha attaccato duramente due bravi giornalisti della Rai, Stefania Battistini e Simone Traini, con avvertimenti ferali: «Sappiate che vi siete scavati la fossa da soli».
Cosa hanno in comune Parodi e Lilin? Hanno scritto libri (da «Educazione siberiana» di Lilin è stato tratto un film), hanno dimestichezza e conoscenza del peso delle parole, hanno usato espressioni con gratuita cattiveria e irreparabile serietà.
A prima vista, Parodi e Lilin sono aggressivi e turpiloquenti ma non sembrano appartenere alla schiera degli squadristi da tastiera, dei persecutori anonimi: mentecatti che sfogano sulla rete la loro frustrazione e grettezza e offendono perché feriti dalla bravura e dalla felicità altrui.
Gli insulti rappresentano un fenomeno deplorevole e maleodorante, ma sono convinto che i peggiori siano proprio quelli di coloro che si credono «scrittori»: intrisi di odio nutrito dalla loro immaginazione e dal loro ego, vengono scelti con insospettabile volgarità e pronunciati con cognizione di causa.
Come sostiene Leonardo Sciascia, si formano «nell’oscuro mondo dell’imbecillità e del fanatismo».