Un detenuto a Catanzaro
La lettera di Mario Francesco, attualmente detenuto presso la Casa circondariale di Catanzaro
Martedì ha cominciato lo sciopero della fame perché la magistratura di Sorveglianza ha rigettato la richiesta del suo difensore, l’avvocato Filippo Cinnante di Cosenza, di differimento della pena, ma ha imposto al Dap di trovare un carcere che fosse adeguato alle sue condizioni di salute.
«Lo hanno mandato a Modena, poi a Parma e alla fine nuovamente a Catanzaro, – spiega l’avvocato Cinnante – scrivendo che è detenuto e che le strutture carcerare non sono adeguate.
Così abbiamo avanzato richiesta di ricoverarlo in struttura esterna per il tempo strettamente necessario, ma la Sorveglianza prima di qualsiasi disposizione ha scritto all’area sanitaria del carcere per capire quali potessero essere queste strutture adeguate.
Questo accadeva ad aprile. Ad oggi dal carcere, nonostante i solleciti del Tribunale di Sorveglianza, nessuna risposta. Intanto gli hanno sospeso pure le cure. E lui da ieri ha cominciato lo sciopero della fame».
Lo ha anche annunciato in una lettera, consegnata sempre martedì al suo difensore, inviata al magistrato di Sorveglianza di Catanzaro, al garante dei detenuti della Calabria che pubblichiamo.
“Io sottoscritto Mario Francesco (Cosenza 09-04-1979), attualmente detenuto presso la Casa circondariale di Catanzaro, scrivo con rammarico, dispiacere e delusione per evidenziare, ancora una volta, una situazione chiara, semplice evidenziata da innumerevoli visite medico-specialistiche, da plurimi accertamenti sanitari che davvero non so in che altro modo comunicare, anzi GRIDARE: sto morendo, sto morendo assurdamente, causa una incredibile burocrazia, che causa un rifiuto di assunzione di responsabilità da parte delle autorità preposte. Vivo senza un ARTO, la gamba sinistra si è ridotta a un moncone, posso muovermi solo su una sedia a rotelle. Ebbene vivo in una cella, ovviamente non idonea per una persona che vive nel mio stato. In questa sezione, da mesi, non funziona l’ascensore, quindi niente aria, niente cielo e niente sole.
Per trasferirmi nell’aula colloquio, con famiglia e avvocati, devo saltellare su una gamba, mentre portano al piano terra a mano la mia carrozzina!!!
Non mi permettono di effettuare la indispensabile terapia fisioterapica giornaliera, peraltro prescrittami da tutti gli specialisti, fuori dal carcere, ma, anche, incredibile in carcere. Qualunque reato, qualunque pena non deve permettere queste cose.
Sono allocato in una sezione comune, senza ovviamente nessun presidio necessario per un malato, oltretutto obeso. Prendo molti farmaci, ma sento la vita svanire giorno per giorno!!! Ero ricoverato nel centro medico di questa casa circondariale (Catanzaro), ma purtroppo una mattina mi hanno imposto il trasferimento nella cella 112- 1A-Ro, dove sono ormai da 5 lunghi mesi. Credo che non sia crudeltà o volontà perversa a tenermi in questo stato: temo sia una vergognosa disorganizzazione, una indifferenza dell’Area sanitaria, una burocrazia dell’ufficio di Sorveglianza che, se solo volesse, potrebbe risolvere in poco tempo la mia drammatica situazione.
Ero ai domiciliari, sono stato ristretto in espiazione pena, ma nelle mie condizioni dove potevo, anzi, dove posso andare? Capisco tutte le esigenze giuridiche, ma in questa sede mi permetto unicamente di chiedere: perché NON TRASFERIRMI IN UNA STRUTTURA IDONEA? Perché questa giornaliera tortura?
Sono tanti i perché sono inesistenti le risposte. Fatemi espiare la mia pena. Non sono possibili i domiciliari? Bene mandatemi in un ospedale, una casa di cura attrezzata per le mie patologie, con tutte le dovute imposizioni di sicurezza.
Oppure fatemi morire. Oppure si è deciso che io debba morire. Ma ditelo in fretta, io non resisto più. La mia ultima possibilità è fare lo sciopero della fame. Questo non per avere niente altro che una risposta. È possibile farmi curare, o volete che io muoia? Semplice senza altre parole: non ce ne sono. Chi ha responsabilità si ATTIVI. Io, intanto, aspetto altro: LA MORTE