di Simona Musco
Giustizia
L’informativa dei carabinieri sulla catena dei soccorsi nel naufragio in Calabria in cui sono morte cento persone
«Trattasi di natante con migranti a bordo avvistato dall’Eagle 1 alle h. 21:26 Z, attualmente a Mgl 41 circa, da località Le Castella (KR)». Sono le 23.30 del 25 febbraio 2023. A scrivere il messaggio è un ufficiale della Guardia di Finanza, che avvisa via whatsapp i colleghi delle informazioni appena ricevute da Frontex.
La barca di cui parla è la Summer Love, il caicco che, ore dopo, si spezzerà su una secca, provocando la morte di circa 100 persone. La cui presenza in mare, a pochi passi dalle coste di Cutro, era dunque nota già cinque ore prima che la situazione fosse irrecuperabile.
Questo messaggio, insieme a tanti altri, è stato estrapolato dai Carabinieri su delega della procura di Crotone dai telefoni degli uomini delle Fiamme Gialle e della Guardia costiera indagati con un’accusa pesantissima: naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Messaggi confluiti in un’informativa lunga 625 pagine e che secondo la procura dimostrerebbero un fatto: con un po’ di accortezza, avevano scritto a luglio gli inquirenti chiudendo le indagini, quella tragedia non sarebbe mai stata raccontata, semplicemente non sarebbe avvenuta.
Per il pm Pasquale Festa e il procuratore Giuseppe Capoccia, i sei indagati avevano «tutti e indistintamente il prioritario, fondamentale e ineludibile obbligo di salvaguardare la vita in mare». Con la Guardia di Finanza che aveva l’obbligo di comunicare (e la Capitaneria di Porto di acquisire) «tutte le informazioni idonee ad incidere sulla valutazione dello scenario operativo». Cosa che non è avvenuta, stando alle indagini, causando una delle peggiori stragi che il Mediterraneo ricordi.
«So migranti», scrive esattamente un minuto dopo il primo messaggio che abbiamo riportato un altro indagato. Un altro minuto ancora, le 23.34, e un altro indagato aggiunge: «In realtà non s’è visto nessuno, ma è una barca tipica». E poi ancora: «Sotto il flir (la tecnologia di visione infrarossi, ndr) è tutto nero».
Ci sono tutti gli indizi, dunque, per ipotizzare la presenza di persone, come più volte dichiarato anche dai legali delle famiglie delle vittime. Per il momento, però, nessuno si muove, «l’imbarcazione naviga autonomamente e dalle foto non si vedono migranti in coperta», scrivono ancora in chat alle 23.45.
Ma quando manca poco alle 2 la situazione comincia a farsi preoccupante. «Vento bruttissimo», scrive una donna chattando con uno dei militari, che risponde: «E qui una barca di migranti in arrivo». Non sembra avere più dubbi. Alle 3.48 un operatore della gdf comunica a quello della capitaneria di porto che le due unità navali impiegate nella ricerca del target hanno fatto rientro in porto per le condizioni meteo avverse.
E a specifica domanda, l’operatore della capitaneria risponde di non avere nessuna unità in navigazione. «Al momento, noi in mare non abbiamo nulla” … “eh, poi vediamo” se … come si evolve la situazione perché al momento non … non abbiamo nessun genere di richiesta. Abbiamo solo quest’avvistamento fatto dall’Eagle”».
La Capitaneria di Porto, alle 3.55, aspetta ancora una richiesta d’aiuto per intervenire: «La Cp – scrive uno dei finanzieri indagati – ha già riferito che se non hanno una richiesta di aiuto da bordo non intervengono». La richiesta arriva quando ormai è troppo tardi per intervenire. Alle ore 04.11.18 un uomo chiama i Carabinieri, in quel momento in collegamento con la Finanza. «Help», urla una voce straniera.
Riesce a spiegare di essere in Italia, ma la telefonata dura troppo poco. «La telefonata era molto concitata… si sentivano urla, grida, help… help… però purtroppo io ho provato a transitartela ma hanno buttato giù», spiega la Centrale operativa.
Ed ora tra Finanza e Capitaneria di porto è un rimpallo di responsabilità. «Ritengo ancora oggi che non ci fossero le condizioni per l’attivazione del piano Sar perché non vi erano delle circostanze effettive e chiare, quali una telefonata di soccorso o altro idonee a far sorgere una situazione di incertezza sullo stato dell’imbarcazione e sulla sicurezza delle persone a bordo – ha dichiarato a sit l’ammiraglio Gianluca D’Agostino, responsabile della sala operativa delle Capitanerie di porto -. Ritengo che il nostro unico errore sia stato quello di fidarci della Guardia di finanza che ci ha dato informazioni mendaci».
Ma la Finanza la pensa diversamente: «Noi abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare».