L’esempio del testimone di Auschwitz che metteva in discussione anche sé stesso: le sue parole restano un monito contro l’infezione sempre latente dell’odio
«Molte lettere che ricevo ammirano la forza con cui ho sopportato un anno di prigionia (nel Lager di Auschwitz, ndr); ma era una forza passiva, quella con cui uno scoglio sopporta l’urto dell’acqua di un torrente. Io non sono un uomo forte. Affatto». Nel 1987 quando Primo Levi dice di sé queste cose al giornalista Roberto Di Caro, è già uno scrittore affermato a livello internazionale e, per la maggioranza dei suoi lettori, è considerato il testimone per eccellenza del sistema concentrazionario nazionalsocialista; il sopravvissuto che più di altri ha saputo restituire al mondo dei vivi la storia degli ebrei sterminati … leggi tutto