«Me state a rovinà le vacanze» potrebbe essere lo slogan di questa nuova fazione arrogante e furbetta, che avrebbe fatto meglio a pagare i gestori dei locali per restare chiusi anziché concedere lo sciagurato contentino di Ferragosto
Pure le riviste specializzate, DjMag Italia fra tutte, riconoscono che la chiusura delle discoteche era inevitabile e che semmai si è fatto male ad aprirle. Anche Ibiza, che sull’industria della notte ci campa, quest’anno ha scelto il Ferragosto light evitando il rischio di riaccendere le luci stroboscobiche e le piste.
E tuttavia il partito della Libera Discoteca in Libero Stato si inalbera, si imbizzarrisce, vede nel lockdown della disco l’anticipazione di nuove svolte autoritarie, un assaggio di Bielorussia.
«Domani possono sospendere i comizi e dopodomani si possono ritardare le elezioni. Quando inizi a reprimere una libertà in nome di una emergenza non sai mai quasi finisci», dice Daniela Santanché. «Il governo cambia un’altra volta idea mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro, mentre il virus viene importato dall’estero. Un governo duro con gli italiani e morbido con i clandestini, non se ne può più», protesta Matteo Salvini.
Sappiamo da un pezzo che la disco, nell’abbecedario politico italiano, è catalogata nella colonna di destra, insieme alla vasca da bagno e alle Marlboro. Nei tempi in cui la musica contava qualcosa, la sinistra ascoltava Paolo Conte, la destra ballava con John Travolta.
Ma il partito della Libera Discoteca che oggi insorge sui social ha poco a che vedere con la vita notturna degli immigrati metropolitani alla Tony Manero, con i parquet scassati del 2001 Odissey di New York che nel ’77 ci indicarono la via d’uscita agli Anni di Piombo … leggi tutto