di Massimo Franco
La Nota
È interessante registrare non solo il plauso che il rapporto di Mario Draghi sulla riforma radicale dell’Ue sta riscuotendo. Almeno per quanto riguarda il versante italiano, colpiscono altrettanto le reazioni negative.
Perché provengono da partiti del governo di Giorgia Meloni e dal fronte delle opposizioni. E fanno riemergere l’ostilità di un «asse populista» che evidentemente ha partecipato di malavoglia al governo dell’ex presidente della Bce dal 2021 al settembre del 2022.
E ora vuole sottolineare quanto fosse contrario. Si avverte una singolare ma non inedita sintonia tra i giudizi espressi da esponenti della Lega e del Movimento 5 Stelle.
E rappresenta una sorta di manifesto involontario delle contraddizioni che ristagnano sia a destra che a sinistra. Attraversano, non contrappongono i due schieramenti. E, a essere maliziosi, tanto astio potrebbe anche tradire l’oscuro timore di queste formazioni che l’ombra di Draghi possa proiettarsi di nuovo sul futuro dell’Italia.
Soprattutto tra i grillini, ritorna la nostalgia inconsolabile di Giuseppe Conte per Palazzo Chigi. Trasuda dalle parole di Pasquale Tridico, capo della delegazione del M5S a Bruxelles. «Giuseppe Conte ha lottato in Europa per ottenere il Next Generation EU», sostiene l’ex presidente dell’Inps. E Draghi, invece? «Questi punti interrogativi hanno una sola risposta e portano al fallimento dell’attuale classe dirigente europea di cui l’ex premier stesso ha fatto parte.
Possiamo dire dunque che Draghi boccia Draghi». Ma in coda riemerge la posizione del M5S contro la Nato e gli aiuti militari all’Ucraina: ostilità che Draghi ha sempre combattuto. L’attacco della Lega è, se possibile, ancora più radicale.
Non a caso viene affidato a uno degli esponenti più anti Ue, Claudio Borghi. «Ogni riga del rapporto Draghi rappresenta un pericolo mortale per l’Italia», scolpisce il senatore. «Dal debito comune alle maggioranze qualificate Draghi non vede l’ora di farci fare la fine della Grecia per vendetta».
Il riferimento è ad alcune delle proposte dell’ex presidente della Bce che tendono a correggere alcuni dei meccanismi decisionali dell’Europa. È un modo, tra l’altro, per limitare i diritti di veto che hanno bloccato spesso le scelte dell’Ue. Anche per questo l’agenda di Draghi spaventa le forze che hanno vissuto di rendita su questo, permettendo di alimentare la demagogia anti europea.
Ma il partito della premier Giorgia Meloni, FdI, sebbene all’opposizione dell’esecutivo di unità nazionale, non si è associato al tiro al bersaglio contro il rapporto e il suo autore, anzi: a conferma di un atteggiamento più responsabile, tanto più nei giorni in cui la Commissione Ue dovrebbe assegnare un incarico di peso al ministro Raffaele Fitto.