di Massimo Gramellini
Il caffè
Il ministro dei Trasporti (forse per competenza, vista l’arma del delitto) è intervenuto sul caso della signora di Viareggio che ha investito un borseggiatore con la sua automobile, schiacciandolo contro una vetrina e poi passandogli sopra ben quattro volte.
«Questo dramma», scrive Salvini ai suoi follower, «è la conseguenza di un crimine. Se l’uomo che ha perso la vita non fosse stato un delinquente, non sarebbe finita così. Voi cosa ne pensate?».
Dal momento che me lo chiede, Signor Ministro, penso che ci mancherebbe ancora che la gente andasse in giro a investire i passanti per svago.
Ovvio che la signora di Viareggio ha reagito a un’azione criminale: lo scippo della sua borsetta. Ma il punto che dovrebbe attirare la nostra attenzione, e magari anche la Sua, è che lo ha fatto in modo folle e sproporzionato. Certamente non giustificabile neanche con il clima di insicurezza che si respira per le strade e che peraltro spetterebbe ai governanti modificare, anziché limitarsi a denunciarlo come se fossero, loro sì, dei passanti qualsiasi.
Qui siamo ben oltre la legge del taglione, che sanciva una sorta di par condicio: «occhio per occhio, dente per dente». Siamo al furto punito con sentenza di morte immediata, comminata ed eseguita dalla parte offesa come neanche nelle tribù preistoriche.
Forse dovremmo cominciare a chiederci chi — con pensieri, parole, opere e omissioni — alimenta il serbatoio del rancore di tanti cittadini, persino di quelli in apparenza più miti. Lei cosa ne pensa?