di Mario Lavia
Il partito infelice
Tarquinio dice che anche Schlein è contro «l’Europa guerrafondaia» e alla Marcia Perugia-Assisi con Conte, Fratoianni e Bonelli i dem c’erano e non c’erano: sintesi perfetta di un gruppo che non ha più idee né direzione
Marco Tarquinio ha dato una notizia: «Stop a un’Europa guerrafondaia: anche Schlein è su questa linea». La notizia è dunque che la segretaria del Partito democratico, incredibilmente silenziosa sul pazzo voto degli eurodeputati dem sulle armi all’Ucraina, è contro «l’Europa guerrafondaia», che nel tarquinese, variante del russo, significa che è ormai contro la guerra tout court, dunque anche contro Resistenza del popolo ucraino che, com’è noto, la guerra è costretta a farla. Non c’è più distinzione tra aggressore e aggredito, e chi aiuta la parte che resiste all’invasione è semplicemente un “guerrafondaio”.
Questa d’altronde è la posizione dei politici – i giallorossissimi di Conte, Fratoianni e Bonelli – che sono andati alla poco partecipata Marcia Perugia-Assisi organizzata da Flavio Lotti, leader della Tavola per la pace più o meno da quando c’era il governo Goria, più immarcescibile dei vecchi capi sovietici: buon per lui.
Ad Assisi il Partito democratico era presente e non era presente, come ormai su tutto, secondo la filosofia degli Amleto di Strasburgo, i famosi “non partecipanti al voto” (sulle armi all’Ucraina!), gli imboscati paurosi di dire come la pensano pur di dare il segnale a Elly che loro sono sì “riformisti” ma non come quelle discole di Pina Picierno, la bestia nera di Nicola Zingaretti che la vede come il fumo negli occhi, e Elisabetta Gualmini, una delle poche persone coerenti di quella delegazione: sono schierati con Kyjiv ma fino a un certo punto, eh già non si spara contro le basi in casa d’altri sennò – piagnucola Fratoianni – c’è l’escalescion, signora mia.
Ad Assisi la segretaria non si è vista ma c’era la “numero due”, Marta Bonafoni, che ha espresso questo pensiero: «Siamo incastrati dentro questo dibattito “armi sì, armi no” che porta solo a un vicolo cieco». E certo, mentre da un anno e mezzo lo zar Vladimir massacra un Paese sovrano di che cosa bisognerebbe discutere se non di come aiutare quel Paese?
È lo stesso atteggiamento mentale, ipocrita e pasticcione, di quelli che al momento del voto sull’emblematico articolo 8 della mozione strasburghese erano al bagno: «Vivi nascostamente», diceva Epicuro, il filosofo della ricerca della felicità. Solo che gli imboscati di Strasburgo, che nemmeno si sono presi la briga di spiegare le ragioni della fuga, sono politicamente infelici, nel senso che vivono male perché rischiano di essere considerati inaffidabili sia dagli schleiniani sia dai riformisti veri.
Ma a ben guardare è tutto il Partito democratico che sta diventando un partito infelice, cioè che non sa scegliere da che parte stare e come Arlecchino le prende da tutte le parti.
Ma quel partito è anche vittima della paura, la paura di ogni singolo esponente che non sa come meglio posizionarsi nella geografia interna, geografia non dettata dalle posizioni politiche ma dal grado di amichettismo, ormai si dice così, con i vertici del partito, ed ecco perché dalle riunioni della Direzione non esce mai niente, non c’è dibattito, meno che mai pubblico.
Eppure una Direzione vera è a questo punto inevitabile per sapere dove sta Elly Schlein, meglio contarsi nella chiarezza che boccheggiare in un’aria stagnante, nel sopore del conformismo.