L’inspiegabile trionfalismo di Lollobrigida al G7 (ilfoglio.it)

di Luciano Capone

L'agricoltura è il settore che va peggio (-3,5%), 

l’export agroalimentare segna record ma grazie all’industria (il settore primario perde quota), gli occupati diminuiscono, la peste suina avanza, i ristori per gli alluvionanti ritardano

Itoni sono trionfalistici, in linea con la durata della manifestazione, oltre una settimana, che fa del G7 dell’agricoltura abbinato all’Expo a Ortigia la riunione dei ministri dei grandi paesi del mondo più importante. D’altronde per il governo Meloni l’agricoltura non è semplicemente un settore economico, ma un pilastro culturale, simbolico e identitario della destra sovranista.

Così il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, evidenzia “i dati”, che “vedono l’export agroalimentare toccare record mai registrati” (quasi 70 miliardi di euro), grazie al duro lavoro del governo s’intende. In realtà, i numeri dell’agricoltura italiana sono tutt’altro che esaltanti. Basta vedere i recenti dati sui conti nazionali dell’Istat che hanno entusiasmato il governo.

L’Istituto di statistica, come è noto, ha rivisto al rialzo il pil nel triennio 2021-23 di circa 94 miliardi complessivi: buona parte dei settori economici sono cresciuti più del previsto. Tranne il settore primario. L’agricoltura non solo nel 2023 era in contrazione, ma è andata peggio di quanto si immaginasse. Con un pil in crescita dello 0,7%, il valore aggiunto dell’agricoltura è diminuito del 3,5%: un peggioramento di un punto (quasi un miliardo di euro) rispetto al -2,5 per cento stimato a marzo.

E già quei dati, prima della revisione al ribasso, erano particolarmente negativi con un calo sia della produzione agricola (-3,9%) sia delle attività e dei servizi di supporto (-1,6%), peraltro in un anno che ha registrato un miglioramento notevole della ragione di scambio (+6%) per via di un’importante riduzione dei costi di produzione (fertilizzanti, energia, alimenti per animali) mentre i prezzi dell’output hanno continuato ad aumentare.

Sul fronte dell’occupazione i dati sono tutt’altro che positivi. Il rapporto annuale dell’Inps mostra che gli addetti diminuiscono costantemente, soprattutto tra i giovani e gli italiani. La decrescita è continua da tempo, ma nel 2023 – per la prima volta – il numero di operai agricoli è sceso sotto la soglia del milione: 991 mila.

Anche sull’export c’è da discutere. Prendiamo i dati Crea del 2023 perché sono completi, anche quello anno record: 63 miliardi (+6,6% sul 2022). In generale il miglioramento è dovuto all’aumento dei prezzi: rispetto al 2022 c’è stato un incremento dei valori (+6,6%), ma una riduzione delle quantità esportate (-2,6%). Bisogna dire grazie all’inflazione, insomma.

Se si va a scomporre l’aggregato, si nota che l’aumento dell’export nel 2023 è stato trascinato dall’industria alimentare (+7,7%) che pesa i due terzi di tutto l’agroalimentare, a seguire il settore primario (+5,5%) che vale il 14% e infine le bevande in cui è incluso il vino (+2%) che pesano il 19%. Ma la crescita agricola è sempre effetto dell’inflazione perché, se anziché i valori si guardano le quantità, l’export nel settore primario è diminuito del 4,9%, con un saldo che è strutturalmente negativo (importiamo 21,9 miliardi ed esportiamo 8,8 miliardi).

Il grosso dell’export (42 miliardi) lo fa l’industria alimentare, incluse le “perfide” multinazionali italiane e straniere contro cui la Coldirettilegatissima a Lollobrigida, ha scatenato una campagna diffamatoria definendole nemiche del “made in Italy” e della “dieta Mediterranea”.

A questo si aggiungono serie preoccupazioni per il futuro. La peste suina (Psa), ad esempio. È un’epidemia devastante, che ha già provocato enormi danni ma molti di più ne potrà produrre al settore suinicolo e soprattutto alle Dop (più import e zero export). La Psa non è colpa del governo, ovviamente.

Ma la sua gestione sì. Lollobrigida aveva nominato un commissario straordinario che non ha fatto nulla per un anno e mezzo, prima della sua unica decisione positiva: le dimissioni. D’altronde era un epilogo inevitabile, dopo che una task force di esperti della Commissione Ue aveva stroncato il piano d’emergenza dell’Italia.

Neppure le alluvioni sono colpa del governo. Ma la loro gestione sì. Gli agricoltori emiliano-romagnoli sono infuriati per i ritardi di Agricat, il fondo del ministero che dovrebbe coprire i danni catastrofali. È arrivata prima un’altra alluvione dei risarcimenti per quella dell’anno scorso: alluvioni due, ristori zero. Per non parlare dei ritardi dell’Agea, l’agenzia del ministero che eroga i fondi europei della Pac, di cui un parlamentare di centrodestra, Claudio Fazzone (FI), ha chiesto il commissariamento.

Certo, Lollobrigida può vantare di aver vietato la “carne sintetica” che non esiste, messo 50 mila api sul tetto del ministero che sono state sterminate dopo tre mesi, e ora lanciato il servizio civile agricolo per mille giovani che vorranno “servire la patria” nei campi a 500 euro al mese. Ma basta a giustificare tutto questo trionfalismo?

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