di Massimo Gramellini
Il caffè
Da quando il ministro dei Trasporti ha rivelato che a bloccare la circolazione ferroviaria dell’intero Paese è stato un chiodo — un piccolo, miserabile chiodo piantato sopra un cavo — non riesco a pensare ad altro che all’anonimo operaio che nel cuore della notte vibra la fatal martellata.
Avrà avuto coscienza degli effetti del suo insano gesto? D’altronde, se il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo, è perfettamente credibile che un singolo chiodo sia riuscito a crocefiggere migliaia di passeggeri, stravolgendo la giornata di aziende, famiglie, tassisti, macchinisti, controllori, facchini, borseggiatori (chiedo scusa per essermi cimentato in un tipico elenco salviniano, senza tuttavia possedere il talento del titolare).
Ogni governo, si sa, ha la sua dannazione e quello in carica sembra ossessionato dai treni. Ricordate il Freccia-Lollo con le fermate personalizzate, a gentile richiesta del signor ministro dell’Agricoltura? E il pasticciaccio brutto di Ferragosto, con i lavori sui binari, programmati proprio per la settimana dell’esodo?
Evidentemente non si era riusciti a finirli tutti: rimaneva ancora un chiodo. Salvini ha addossato la colpa a una ditta privata (scelta dallo Spirito Santo, immagino), ma intanto una cosa è certa: se è vero che ai tempi del Duce i treni arrivavano in orario, questo è il governo più antifascista della storia.