A Cutro un surplus di umanità, parla il regista Mimmo Calopresti (laragione.eu)

di Raffaela Mercurio

Con il film documentario “Cutro Calabria Italia”, 
il regista Mimmo Calopresti ha voluto trovare un 
senso a quella tragedia facendo la sola cosa da 
fare: raccontare

Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 il caicco “Summer Love”partito da Izmir (in Turchia) con oltre 180 persone a bordosi schiantò contro una secca durante una tempesta e naufragò davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro: persero la vita 94 migranti, tra cui 34 minori.

Imprecisato il numero dei dispersi. Con il film documentario “Cutro Calabria Italia”, il regista Mimmo Calopresti ha voluto trovare un senso a quella tragedia facendo la sola cosa da fare: raccontare. Finanziata dalla Fondazione Calabria Film Commission e prodotta da Silvia Innocenzi e Giovanni Saulini per Alfa Multimedia, l’opera sarà presentata domani alla IV edizione del Festival dell’Accoglienza di Torino.

«C’è solo un modo di gestire il fenomeno migratorio: l’umanità. C’è qualcosa che è più potente delle leggi e della politica ed è il rapporto fra le persone» ha detto il regista.

Già autore di documentari di successo come “La parola amore esiste” (vincitore del Nastro d’Argento come miglior soggetto originale), “L’abbuffata” o “Aspromonte, la terra degli ultimi”, Calopresti ci racconta com’è scattata la scintilla emotiva alla notizia di Cutro: «Come tutti, sono stato colpito dalla portata della tragedia. Mi sono soffermato sui numeri domandandomi però cosa ci fosse alle spalle, di umano, che meritava di non essere dimenticato. E così ho ascoltato tante testimonianze: dai parenti delle vittime che arrivavano raccontando i sogni di quelle povere persone scomparse in mare, all’incredibile solidarietà del popolo calabrese».

«Un surplus di umanità» come lo definisce Calopresti, che sembra insito nell’animo della popolazione calabrese di fronte a tragedie di questo tipo: «Ho notato un bisogno di esprimere umanità: parliamo di persone che vivono in uno dei luoghi più poveri d’Italia e che si sono riversati tutti su quella spiaggia per aiutare, sostenere, fare qualcosa. A testimonianza che, al di là di ogni espressione politica, è l’umanità che conta».

Un luogo santo e dannato, quello di Cutro, che come ricorda il regista era stato già scelto in passato per raccontare un altro tipo di storia: quella del “Vangelo secondo Matteo” diretto da Pier Paolo Pasolini. «Una parte del film è stata girata proprio in quei luoghi. Mi ha fatto ricordare una poesia: l’idea pasoliniana degli ultimi, sempre costretti a muoversi e sradicarsi per sopravvivere. Un po’ come i calabresi, grande popolo di migranti» sottolinea Calopresti.

Ed è quella poesia, “Profezia”, che forse può chiudere il cerchio: «Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli, scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. Saranno con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi di poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini, e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua. Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali. Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni, vestiti di stracci asiatici, e di camicie americane. Subito i Calabresi diranno, come malandrini a malandrini: “Ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!” Da Crotone o Palmi saliranno a Napoli, e da lì a Barcellona, a Salonicco e a Marsiglia, nelle Città della Malavita (…)».

 

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