Cosa significa che la gestazione per altri è un “reato universale” (ilpost.it)

di Alessandra Pellegrini De Luca

Che in teoria è punibile in Italia anche se fatta 
all'estero, nonostante la legge appena approvata 
abbia alcuni problemi giuridici

Mercoledì è stata approvata definitivamente la proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia per rendere la gestazione per altri (GPA) un “reato universale”, cioè perseguibile in Italia anche se praticata all’estero da cittadini o cittadine italiane.

Anche se ci sono forti dubbi sulla sua applicabilità, secondo diversi giuristi la legge avrà comunque ricadute concrete sulla vita delle persone che vorranno far ricorso alla GPA: potrebbero andare infatti incontro a un processo, accusati di un reato che comporta il carcere o una multa elevata.

La gestazione per altri, comunemente nota con termini considerati più dispregiativi come “utero in affitto” o “maternità surrogata”, è la forma di procreazione assistita che prevede che la gravidanza sia portata avanti da una persona per conto di altre che non possono avere dei figli, per condizione o per ragioni mediche: per esempio coppie eterosessuali in cui la donna sia impossibilitata a portare avanti una gravidanza (magari perché le è stato asportato l’utero per via di un tumore), oppure una coppia di uomini.

Ricorrono a gestazione per altri soprattutto coppie eterosessuali, e in misura minore coppie omosessuali. La tecnica può essere di tipo commerciale (quando la donna gestante riceve un compenso) o altruistico (quando la donna riceve invece solo un rimborso spese): è legale in decine di paesi del mondo con regole molto diverse.

In Italia la GPA è illegale. Il divieto è contenuto nell’articolo 12 della legge 40 del 2004: la nuova legge è composta da un solo articolo, che modifica proprio questo divieto aggiungendo la frase «Se i fatti di cui al periodo precedente sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana». Le sanzioni per chiunque realizzi, organizzi o pubblicizzi la GPA prevedono la reclusione da tre mesi a due anni e una multa da 600mila a un milione di euro: la nuova legge prevede in sostanza che queste sanzioni valgano anche per chi sia andato all’estero a praticare la GPA, come fanno molti cittadini e cittadine italiane.

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Secondo tre giuristi sentiti dal Post, rendere la GPA un “reato universale” è una scelta soprattutto identitaria, pensata per il suo valore simbolico, con problemi di impostazione giuridica che rendono complicato immaginarne le conseguenze concrete in modo preciso, almeno per ora. Il primo problema riguarda il concetto stesso di “reato universale”: è una formula forse efficace dal punto di vista retorico ma imprecisa dal punto di vista giuridico. Non esistono i reati “universali”, ma i reati punibili sotto il principio della giurisdizione universale, che permette ai tribunali nazionali di perseguire i più gravi crimini del diritto internazionale indipendentemente dal luogo in cui sono stati commessi e dalla nazionalità dei sospettati o delle vittime.

Parliamo di reati come genocidi, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, che non c’entrano nulla con la gestazione per altri, che come detto è legale in decine di paesi nel mondo: in Europa lo è tra gli altri nel Regno Unito, nei Paesi Bassi, in Portogallo e in Grecia. L’Unione Europea considera la GPA una forma di traffico di esseri umani solo quando la donna gestante viene obbligata contro la propria volontà.

Secondo Irene Pellizzone, costituzionalista dell’università di Milano, rendere la GPA un “reato universale” non ha senso perché «parliamo di un reato che in Italia è punibile con al massimo due anni di reclusione: è una contraddizione in termini punire un reato con una pena bassa e allo stesso tempo definirlo “universale”», dice.

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Un altro problema riguarda la punibilità di chi fa ricorso a GPA all’estero. In teoria in Italia esiste già più di un appiglio per farlo: organi come la Corte di Cassazione o la Corte Costituzionale hanno definito la GPA una pratica degradante e offensiva nei confronti della dignità della donna in più di un’occasione, e al di là della giurisdizione universale il codice penale italiano prevede che si possa venire puniti in Italia per reati compiuti all’estero in due articoli: il 7 e il 9.

Per come è stata pensata, la legge sulla GPA come reato universale fa riferimento al primo, l’articolo 7, che però punisce reati contro la personalità dello Stato, contraffazioni di sigilli, falsificazioni di monete e delitti commessi da pubblico ufficiale. Lo stesso articolo contiene un comma, il 5, che prevede di poter inserire nella lista altri reati «per il quale speciali disposizioni di legge… stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana», ma resta il fatto che «la gestazione per altri non c’entra nulla col resto dei reati elencati in questo articolo», dice sempre Pellizzone.

C’è poi il problema della “doppia incriminazione”: il fatto cioè che per essere punibile in Italia un certo atto debba essere considerato reato anche nel luogo in cui viene compiuto. Quello della doppia incriminazione è un principio giuridico implicito, che è stato in varie occasioni affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che tra le altre cose garantisce un’interpretazione uniforme e corretta del diritto nel nostro ordinamento. Secondo autorevoli penalisti, dice Pellizzone, questo principio vale anche per i due articoli del nostro codice penale che prevedono la punizione di reati compiuti all’estero, l’articolo 7 e l’articolo 9.

Insomma, l’idea è che sia impossibile punire qualcuno per aver fatto ricorso a una pratica legale in un altro Stato, per di più usando norme che riguardano reati completamente diversi dalla gestazione per altri.

Ciò detto, e al di là della confusione che caratterizza questa legge sul piano giuridico, la legge sulla GPA come “reato universale” fornisce tutti gli strumenti quantomeno per avviare indagini, e potenzialmente un processo, contro chi effettivamente da oggi in poi farà ricorso a questa tecnica all’estero.

Le ricadute, come in molti altri casi, riguarderebbero soprattutto le bambine e i bambini nati con fecondazione assistita: «È su di loro che questa norma rischia di avere gli effetti più dannosi», dice Vittorio Manes, penalista dell’università di Bologna. Nel caso in cui una coppia vada all’estero per ricorrere alla GPA e nascano bambini che legalmente sono considerati figli di quella coppia, un’eventuale sentenza di condanna nei confronti dei genitori, o addirittura la loro reclusione, potrebbe nuocere ovviamente ai figli.

Ma il cosiddetto “interesse superiore del minore” è un principio giuridico fondamentale nel diritto sia nazionale che internazionale: prevede, semplificando molto, che nell’adozione di qualsiasi provvedimento che incida sulla condizione di un minore o di una minore il suo interesse sia considerato determinante.

Corrado Caruso, costituzionalista dell’università di Bologna, fa un esempio estremo, quello dell’incesto (il rapporto sessuale tra due familiari): «Anche in questo caso la Corte Costituzionale ha stabilito che l’eventuale nato debba poter essere riconosciuto come figlio, e avere quindi la piena tutela giuridica prevista dal legame familiare». Secondo Caruso questa sentenza della Corte Costituzionale, che è del 2002 e fu scritta dal giurista Gustavo Zagrebelsky, potrebbe essere presa in considerazione in eventuali futuri processi avviati a seguito di GPA fatta all’estero.

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Immaginando uno scenario di persone o coppie italiane che da oggi in poi vadano all’estero per ricorrere alla GPA, i problemi potrebbero iniziare con la richiesta di trascrizione del certificato di nascita estero al registro di Stato civile del Comune di residenza, in modo che quella nascita risulti all’anagrafe locale.

L’ufficiale di Stato civile è un pubblico ufficiale, e in quanto tale «è obbligato dal nostro codice penale, dall’articolo 361, a denunciare alle autorità un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni», spiega Manes.

Sul piano teorico risulterebbero tra l’altro più esposte le coppie omosessuali maschili: nel loro caso, agli occhi dell’ufficiale di Stato civile, il ricorso a GPA è immediatamente evidente.

Una coppia eterosessuale potrebbe teoricamente dire che il figlio è biologicamente loro ed è semplicemente nato all’estero, visto che sul certificato di nascita saranno riportati solo i nomi dei genitori intenzionali, esponendosi però a un ulteriore rischio, quello di dire il falso in un atto pubblico: «questa legge è un macigno per tutti, eterosessuali e omosessuali», dice Pellizzone.

Dopo la segnalazione del reato la procura dovrebbe quindi avviare indagini su entrambi i genitori e a quel punto, salvo archiviazioni, potrebbe partire un processo. Nell’eventualità di una condanna, secondo Pellizzone lo scenario più probabile è che venga decisa una multa più che la reclusione: «parliamo di un reato che ha una pena bassa, verosimilmente a carico di persone incensurate che potrebbero godere della sospensione condizionale della pena».

Le multe sarebbero alte, dai 600mila al milione di euro, e ci sarebbe una condanna penale che potrebbe creare problemi in tantissime occasioni, anche solo immaginando di partecipare a un concorso pubblico. Per tutti questi motivi Pellizzone, Manes e Caruso sono concordi che la legge sulla GPA come reato universale funzionerà come potente disincentivo, come del resto era nei piani del governo.

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