La giustizia italiana annulla l’espulsione dei primi 12 migranti verso l’Albania centrale (elmundo.es)

di Manuel Tori

Un duro colpo alla politica migratoria di 
Giorgia Meloni che Ursula von der Layen

La giustizia italiana ha smantellato fin dall’inizio il piano migratorio di Giorgia Meloni in Albania. I magistrati della sezione dedicata alle migrazioni di Roma hanno annullato venerdì l’espulsione delle 12 persone – otto bengalesi e quattro egiziane – trasferite nel centro migrazioni di Gjader (Albania).

Nel giro di poche ore, a tutti loro è stata negata la domanda di asilo – cioè l’ottenimento della protezione internazionale – martedì, giorno in cui sono stati sbarcati sulle coste balcaniche dalla Marina italiana dal Mediterraneo centrale. Dopo la sentenza del tribunale, i 12 migranti sbarcheranno questo sabato a Bari (Italia).

L’asse centrale della decisione del Tribunale di Roma si basa sul concetto di paese sicuro. Secondo le autorità giudiziarie, stati come il Bangladesh, la Tunisia o l’Egitto non possono essere considerati paesi sicuri perché non tutti i loro cittadini possono essere considerati esenti da persecuzioni.

La giustizia transalpina non fa altro che rispettare la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Ue, con sede a Lussemburgo, in cui all’inizio del mese ha avvertito il governo italiano che l’ampliamento della lista dei Paesi sicuri che Roma ha fatto lo scorso maggio osserva incompatibilità con il diritto dell’Ue.

La sentenza non comporta la sospensione dei centri per migranti in Albania. Ma, fin dall’inizio, sarebbero limitati alle persone di quelli considerati dall’UE paesi sicuri.

Attraverso la decisione del Tribunale di Roma si chiarisce la gravità di accelerare le procedure di espulsione di un richiedente asilo, che è ciò che il governo italiano sta promuovendo, perché impedirebbe un adeguato studio di un’eventuale protezione internazionale.

Questo sviluppo è un duro colpo legale al piano migratorio di Giorgia Meloni in Albania, che si concentra sull’imporre la definizione di nazioni come il Bangladesh, la Tunisia e l’Egitto come paesi sicuri, anche se non sono completamente sicuri per tutti i loro cittadini in tutto il loro territorio. Non è un caso che il governo transalpino li abbia inseriti nella lista, perché rappresentano il 40% dei flussi migratori dal Mediterraneo centrale.

(Il governo difende una politica migratoria “antagonista” al modello Meloni)

Venerdì è stato politicamente intenso anche per il vicepresidente del Governo italiano, Matteo Salvini, leader della Lega; che ieri ha vissuto un nuovo capitolo del caso Open Arms, per il quale è accusato di abuso di potere e sequestro di persona per aver impedito, cinque anni fa, lo sbarco di 147 migranti – imbarcati sulla nave umanitaria spagnola Open Arms – nel porto dell’isola siciliana di Lampedusa.

La Procura di Palermo ha già chiesto sei anni di carcere per Matteo Salvini e ieri è stata la volta del suo avvocato, Giulia Bongiorno, che ha dato la sua arringa finale per difendere il leader leguista puntando il dito sull’ong spagnola – proprietaria dell’imbarcazione e procuratore privato nel processo – assicurando che voleva mettere a disagio il governo italiano e la sua politica dei porti chiusi quando Matteo Salvini era ministro dell’Interno. Per Bongiorno, la nave Open Arms ha trascorso otto giorni al largo di Lampedusa avendo la possibilità “in 48 ore” di sbarcare in qualsiasi porto spagnolo.

Per tutta la giornata, più di 90 politici italiani di Legue, tra cui ministri, presidenti di regione e parlamentari, si sono presentati a Palermo per sostenere Salvini in una piccola manifestazione, indossando magliette con il ritratto del vicepresidente e la parola “colpevole”.

La sentenza sarà emessa il 20 dicembre.

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