di
Sull’esito del voto del 20-21 settembre non ci sono, per ora, scommesse (spesso chi scommette in politica perde, ma la tentazione è forte).
Sono poche le Regioni, ma decisive anche per constatare lo stato di salute del governo. Val D’Aosta a parte, si rinnovano altri sei governatori: nelle Marche, in Liguria, Campania, Puglia, Veneto e Toscana. Liguria e Veneto in mano alla destra, le altre governate dal centrosinistra. Tutte grandi incognite, accresciute dal fatto che il tema amministrativo s’intreccia con il referendum confermativo o meno della legge costituzionale che prevede la riduzione dei parlamentari.
Il Pd, governatori uscenti a parte, non tutti di nuovo ai blocchi di partenza, è in una campagna elettorale strana, e sminuirne gli esiti sarebbe oltremodo pericoloso. De Luca, Emiliano, gli uscenti Rossi e Ceriscioli, sono tanti Pd insieme, o anche qualcosa di diverso. Ma se a questa indeterminatezza (o ricchezza) si abbina quella sul referendum la miscela si potrebbe rivelare esplosiva, per le Regionali e per il referendum. Al momento, nulla fa pensare che non sarà così.
Nicola Zingaretti ha iniziato a parlare di referendum con toni di preoccupazione, avanzando il timore che senza una legge elettorale adeguata, di garanzia, la sola riduzione dei parlamentari sia un pericolo. Che fosse così e che sia assurdo far tutelare una modifica costituzionale da una legge ordinaria è stato già segnalato ampiamente dal direttore di Huffington Mattia Feltri su queste colonne l′8 agosto scorso.
Ma quel che dice Zingaretti era vero anche nel giorno in cui ha schierato il suo partito nell’ultimo voto utile per approvarlo il taglio dei parlamentari in Parlamento, dopo aver votato per tre volte no, prima. E, inoltre, c’è stato tutto il tempo per instradarla e approvarla una legge elettorale di garanzia, proporzionale con voto di preferenza o fate un po’ voi, ma il lockdown è stato alibi e letargo delle coscienze, anche parlamentari … leggi tutto