Dopo due anni il governo deve ancora attuare l’80 per cento del suo programma (pagellapolitica.it)

Promessometro
Abbiamo analizzato l’avanzamento di 100 promesse fatte agli elettori: 21 sono state mantenute, mentre l’attuazione delle restanti è in corso per la maggior parte, ferma oppure è stata già compromessa

«In questi due anni il nostro governo ha lavorato instancabilmente per attuare il programma con il quale ci eravamo presentati di fronte agli italiani e sul quale avevamo ottenuto la fiducia di molti di loro alle elezioni del 25 settembre 2022». Così, in un video pubblicato sulle sue pagine social, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha celebrato il secondo anniversario dell’insediamento del suo governo, avvenuto il 22 ottobre 2022.

Ventiquattro mesi dopo, a che punto è davvero l’attuazione del programma elettorale della coalizione di partiti che sostengono il governo Meloni? Abbiamo analizzato i 100 impegni principali presi con gli elettori da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati prima del voto del 25 settembre 2022: 21 promesse sono state portate a termine, mentre per 20 il governo ha fatto poco o nulla per mantenere fede alla parola data.

L’attuazione di 52 promesse è ancora in corso, mentre il governo ha già compromesso l’attuazione di sette impegni. Rispetto al primo anno di governo, c’è stato un avanzamento delle promesse rispettate, ma contemporaneamente c’è stato un aumento di quelle compromesse.

Il programma elettorale della coalizione di governo, pubblicatoad agosto 2022, è diviso in 15 capitoli, che vanno dalla politica estera ai giovani, passando per la sanità, il fisco e il lavoro. In ogni capitolo la coalizione ha elencato i traguardi da raggiungere una volta arrivata alla guida del Paese.

Abbiamo controllato, trascorsi esattamente due anni dall’insediamento, a che punto è l’attuazione del programma. Ricordiamo che una legislatura dura cinque anni e l’attuale scadrà a ottobre 2027: se non ci saranno crisi di governo e i partiti della maggioranza resteranno uniti, il governo Meloni avrà ancora tre anni a disposizione per rispettare gli impegni presi con gli elettori.

Abbiamo suddiviso le cento promesse principali del programma del governo Meloni in quattro categorie, a seconda del loro stato di avanzamento. Abbiamo considerato come “Mantenute” tutte le promesse per cui il governo ha preso provvedimenti concreti e definitivi per tenere fede alla parola data.

Tra le promesse “Non mantenute”, invece, rientrano gli impegni per la cui attuazione il governo o i partiti in Parlamento hanno fatto finora poco o nulla. Abbiamo poi considerato come “In corso” le promesse per cui il governo o i partiti che lo sostengono hanno ottenuto alcuni risultati, sebbene non definitivi per riuscire a rispettare del tutto la parola data agli elettori.

Infine, abbiamo isolato le promesse “Compromesse”, ossia quelle per cui il governo ha fatto l’opposto di quanto promesso o ha preso provvedimenti che ne rendono più difficile la realizzazione. Sottolineiamo che non tutte le 100 promesse contenute nel programma di governo sono confrontabili tra loro per importanza: detto altrimenti, non tutte le promesse hanno lo stesso peso politico o richiedono lo stesso sforzo per essere portate a termine.

Ma su questo fronte non abbiamo fatto valutazioni: preferiamo lasciarle alle nostre lettrici e ai nostri lettori, visto che richiedono un giudizio più soggettivo (a questo link e nella tabella sotto si possono consultare le nostre analisi, promessa per promessa).

Tra le 21 promesse “Mantenute” ci sono alcune delle misure di bandiera del programma del governo: l’eliminazione del reddito di cittadinanza, sostituito dall’assegno di inclusione e dal supporto per la formazione e il lavoro; il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori, che in base agli annunci del governo sarà reso strutturale dalla legge di Bilancio per il 2025; la revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), confermata dalle autorità europee alla fine del 2023; l’approvazione della cosiddetta “pace fiscale” per agevolare i contribuenti non in regola con il fisco; l’aumento dell’assegno unico e universale, destinato alle famiglie con figli; l’introduzione di nuovi incentivi per le assunzioni dei lavoratori, tra cui donne e giovani; l’aumento dell’estrazione di gas naturale in Italia; l’innalzamento del limite all’uso del denaro contante, portato a 5 mila euro; la tutela del Made in Italy; e le norme più severe per chi commette atti contro il «decoro».

Anche tra le 52 promesse che sono “In corso” di attuazione ci sono alcuni dei provvedimenti principali promossi dal governo. Qui, per esempio, rientrano la riforma della giustizia, con le varie riforme del processo e del diritto penale, e del processo civile, per cui il governo e il Parlamento hanno già fatto passi in avanti; la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, per cui è stato riavviato l’iter di costruzione; il sostegno all’Ucraina, a cui il governo ha inviato quattro pacchetti di armi, impedendone però l’uso per colpire obiettivi in territorio russo, a differenza di quanto fatto da altri Paesi della Nato e da quanto richiesto dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky; la tutela degli interessi dell’Italia nella discussione sui dossier legislativi europei, con riferimento particolare a quelli legati alla transizione ecologica; e la gestione dell’immigrazione, con la creazione di hotspot in territori extraeuropei.

A ottobre sono stati aperti i due centri per migranti costruiti dall’Italia in Albania, ma il Tribunale di Roma ha subito deciso di non convalidare il trattenimento dei primi migranti salvati dalle autorità italiane e portati nei centri, perché ha considerato il trattenimento contrario alle norme europee. Il governo italiano ha annunciato ricorso e il 21 ottobre ha presentato un nuovo decreto-legge per permettere ai centri in Albania di rimanere operativi.

Tra le 20 promesse che il governo non è ancora riuscito a mantenere, perché ha fatto finora poco o nulla, spiccano: il «pieno utilizzo delle risorse del Pnrr», dato che la spesa del piano continua a essere in ritardo; l’estensione del regime forfettario al 15 per cento (impropriamente chiamato flat tax) per le partite IVA con un fatturato fino a 100 mila euro; la ridefinizione del sistema degli ammortizzatori sociali; la «salvaguardia della biodiversità, anche attraverso l’istituzione di nuove riserve naturali»; l’«allineamento ai parametri europei degli investimenti nella ricerca».

Infine, come detto, in due anni il governo ha compromesso l’attuazione di sette promesse fatte agli elettori. Per esempio, nel suo programma elettorale i partiti che sostengono il governo Meloni si erano impegnati per introdurre in Costituzione l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Alla fine il governo ha presentato in Parlamento la riforma del “premierato”, ora all’esame della Camera, che propone invece l’elezione diretta del presidente del Consiglio.

Il governo aveva promesso di ridurre l’IVA sui prodotti per la prima infanzia: questo impegno è stato inizialmente rispettato con la legge di Bilancio per il 2023, ma successivamente il governo ha fatto marcia indietro dicendo che il taglio non aveva generato per le famiglie i risparmi sperati.

Un’altra promessa compromessa è quella per il «rimboschimento e piantumazione di alberi sull’intero territorio nazionale»: con la revisione del Pnrr, approvata alla fine del 2023, il governo ha ridimensionato infatti l’obiettivo di piantare 6,6 milioni di nuovi alberi entro il 2024. Compromessi sono finora altri due impegni: «favorire il rientro degli italiani altamente specializzati attualmente all’estero» e la «tutela della nautica e delle imprese balneari». Nel primo caso il governo ha rivisto le agevolazioni fiscali per il cosiddetto “rientro dei cervelli”, ossia i lavoratori laureati, i docenti e i ricercatori italiani residenti all’estero, rendendole meno favorevoli rispetto al passato.

Nel secondo caso, con il decreto “Infrazioni” ora all’esame del Parlamento, ha disposto che le concessioni balneari siano prorogate fino al 2027, per poi essere messe a gara. Questo decreto, le cui misure dovranno passare il vaglio dell’Ue, ha scontentato le associazioni di categoria degli imprenditori balneari.

Come mostra il grafico, i capitoli “Politica estera”, “Giovani e sport”, “Ambiente” e “Scuola, università e ricerca” sono quelli in cui il governo ha ancora molto da fare per rispettare gli impegni elencati nel suo programma. I capitoli “Energia” e “Lavoro ed economia” sono invece tra quelli su cui, in due anni, il governo si è speso di più per mantenere la parola data agli elettori.

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