Frazionismo (treccani.it)

di Michele A. Cortelazzo

Probabilmente un buon numero di lettori si attende 
che in questa puntata della rubrica Le parole 
della neopolitica io mi occupi di Alessandro Giuli, 
da poche settimane Ministro della Cultura. 

Giuli è stato al centro di commenti, critiche, espressioni di sostegno proprio per il lessico contenuto nell’incipit, piuttosto elaborato e concettoso, del suo intervento alla seduta congiunta delle commissioni cultura di Camera e Senato, l’8 ottobre 2024, nelle quali ha presentato le linee programmatiche della sua attività come ministro.

Alcune delle parole contenute nella parte iniziale dell’intervento sono state oggetto di polemica politica o di satira e potrebbero benissimo essere trattate qui: per esempio, infosfera globaleipertecnologizzazioneapocalittismo.

Ma, lasciando a Giuli il ruolo di protagonista delle soluzioni più inattese dell’attuale lingua della neopolitica, vorrei analizzare una parola usata qualche giorno prima del discorso davanti alle commissioni parlamentari. Il 6 ottobre, in un intervento a un’iniziativa di Fratelli d’Italia a Brucoli, in provincia di Siracusa, Giuli ha detto: «La sinistra si sta spaccando sulla Rai, posto che i 5 Stelle siano di sinistra, perché il frazionismo è un tratto distintivo della sinistra, che appena può si divide». La parola che va messa sotto la lente è una parola che credevo desueta, frazionismo.

Frazionismo è parola nata un secolo fa all’interno degli schieramenti di sinistra: i vocabolari storici ricordano la sua presenza in un articolo dell’«Unità» del 1924 (anno della fondazione, da parte di Antonio Gramsci, di quel quotidiano comunista); ma lo si ritrova già l’anno precedente nell’«Avanti!» del 4 ottobre, in una posizione di rilievo, dal momento che appare nel titolo: «Il frazionismo e la paralisi del Partito».

Ero convinto che, anche in questo caso, si trattasse di una trovata personale, e magari un po’ esibizionista di Alessandro Giuli, che negli ultimi tempi aveva frequentato gli scritti di Gramsci e, immagino, quelli del suo tempo e del suo ambiente, per elaborare il libro Gramsci è vivo. Sillabario per un’egemonia contemporanea, uscito quest’anno da Rizzoli.

Pensavo, insomma, a un recupero dotto e isolato di una parola oggi disusata in politica, perché legata agli anni della scissione del Partito socialista e della conseguente nascita del Partito comunista; una parola pienamente legata alla politica comunista, e al suo riferimento internazionale, la Russia: si tratta, infatti, di un calco sul russo frakcionnost’, derivato da frakcija ‘frazione’, usato per indicare la tendenza a formare correnti organizzate all’interno del partito socialdemocratico. La parola faceva parte del vocabolario politico russo già dall’epoca prerivoluzionaria.

Da Gramsci ai nostri giorni

L’interpretazione di un recupero dotto aveva tutta l’apparenza di essere corretta, anzi di essere l’unica interpretazione ragionevole. Dai resoconti parlamentari, infatti, emerge che alla Camera non si parla più di frazionismo dal 1971; più recente la rinuncia a questa parola nei dibattiti del Senato, dove, comunque, nessuno ha più usato il termine né nella scorsa legislatura né in quella attuale. Insomma, frazionismo sembrava davvero una parola messa in archivio.

Ma non è proprio così. Prescindendo dalle ricostruzioni storiche delle divisioni dei partiti di sinistra, la parola continua a riaffiorare, sia pure sporadicamente, innanzi tutto in bocca ai politici di sinistra.

Nicola Zingaretti, del Partito Democratico, in un’intervista a fanpage.it, il 27 maggio 2024 ha dichiarato: «grazie alla leadership di Schlein tanto frazionismo e tanto egoismo, che pure è rimasto, oggi sono più marginali di un tempo»; Luigi Zanda, anch’egli del Partito Democratico, in un’intervista al «Foglio» del 1° ottobre 2024 (cioè cinque giorni prima del discorso di Giuli), ha a sua volta usato frazionismo: «in Italia, paese di colazioni dai tempi di De Gasperi, serve un proporzionale con una soglia di sbarramento alta, almeno il 5 per cento, in modo da rappresentare le diverse opinioni e combattere il frazionismo che ha sempre avuto effetti nefasti».

La parola compare anche in sedi periferiche, quali la «Gazzetta di Benevento», dove la parola risulta utilizzata in un comunicato di Renzo Cicatiello di «Articolo Uno Sannio. Parte da Noi con Elly Schlein» del 3 marzo 2023:

Retoricamente, si è alimentata una finta discussione sulle correnti, sulla loro esistenza, sulla loro funzione, senza mai affrontare con la necessaria verità, il tema della differenza, del frazionismo necessario, della fatica della sintesi che diventa unità e non unanimismo.

Ma non mancano testimonianze di esponenti centristi, come Benedetto Della Vedova, nel sito di +Europa, il 12 gennaio 2022, in occasione dell’annuncio dell’alleanza con Azione: «Rimaniamo soggetti distinti ma diamo un segnale in una politica italiana caratterizzata da separazioni e frazionismo».

E troviamo la parola anche in dichiarazioni e testi di esponenti di destra: l’ex leghista Roberto Castelli, in una conferenza stampa del 21 settembre 2023 («agli autonomisti che soffrono di frazionismo: se ci uniamo forse potremo fare sentire la nostra voce, fare sentire la voce del Nord»), la Gioventù Nazionale (organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia) di Lamezia Terme, in un post del 6 luglio 2018 su Facebook:

Combattere al tempo stesso, ma con la mentalità squadrista e rivoluzionaria e non certo con il frazionismo sovversivo, la cultura e il modello oggi vigenti, aggredire il capitalismo con l’autonomia e con lo sviluppo di un corporativismo imposto dal basso.

Resta più che probabile che la parola frazionismo frullasse nella testa di Alessandro Giuli in seguito alle sue recenti letture di Gramsci e dintorni; ma la sua riesumazione non cade in un vuoto assoluto.

Le attestazioni sono poche, ma dalla ricostruzione qui presentata si ricava che frazionismo riemerge più di qualche volta dal deposito di parole politiche poco usate, ma non scomparse del tutto.

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