La giornalista della tv russa sanzionata alimenta il circo della propaganda di Mosca (linkiesta.it)

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Stampa e regime

La corrispondente della tv di Stato Rossiya 1 Asya Emelyanova diffonde nel nostro paese le narrazioni del Cremlino in modo aggressivo contro Stefania Battistini e gli eurodeputati Pd.

La sua testata è sotto sanzioni dell’Unione Europea, il regolamento del Consiglio Ue parla chiaro ma né il governo né l’Associazione Stampa Estera fanno nulla

Nel corso di queste ultime settimane, su queste pagine abbiamo raccontato le modalità di ingaggio, finanziamento e canalizzazione delle campagne disinformative nel nostro Paese, suscitando la reazione di molti dei protagonisti, che in modo più o meno composto hanno reagito alzando il tiro con atti provocatori e tentativi di distorsione della realtà e anche campagne diffamatorie, in pieno stile putiniano.

Tra queste personalità spicca Asya Emelyanova, corrispondente della tv di Stato russa, Rossiya 1, media sanzionato dal Consiglio dell’Unione Europea.

Emelyanova, nel corso di questi mesi, si è resa protagonista di un attivismo che per modalità operativa la colloca come agente straniero nel nostro Paese. Oltre alla campagna diffamatoria, di tracciamento e di violenza verbale nei confronti dell’inviata Rai, Stefania Battistini, del suo cameraman Simone Traini, sui cui pende un mandato di arresto del Cremlino per aver seguito (rispettando le convenzioni internazionali sul giornalismo di guerra) le truppe ucraine nell’invasione strategica della regione di Kursk, la corrispondente dell’emittente russa ha provato ad accreditarsi al seminario organizzato a Strasburgo dal Parlamento Europeo in occasione del Premio Daphne Caruana Galizia.

Accredito respinto dagli uffici della Direzione Generale della Comunicazione del Parlamento Europeo perché appunto la testata risulta essere sanzionata.

Asya Emelyanova ha cercato quindi di aggirare un blocco che sapeva essere già pendente su di lei, per intimidire in modo collaterale Stefania Battistini, presente all’evento di Strasburgo, e per marcare una pressione psicologica nei confronti della giornalista che vive sotto scorta dal momento del suo ritorno in Italia.

Qualche giorno dopo, la giornalista si è spostata invece a Sciacca, dove l’amministrazione comunale, dopo la segnalazione di questo giornale, ha deciso di annullare un evento sulle adozioni internazionali nel Donbas, che avrebbe visto la presenza da remoto anche del propagandista italiano Vincenzo Lorusso, autore del documentario “Donbas” prodotto da Russia Today (testata anch’essa sanzionata).

Emelyanova si è piazzata davanti al Comune, alla ricerca dei responsabili del ritiro del patrocinio e della sala, per confezionare un servizio per la Tv di Stato russa, che ha poi condiviso sui suoi canali social, in cui raccontava l’accaduto, sostenendo che il Partito Democratico avrebbe affamato gli orfani del Donbas, e che gli autori della segnalazione alle autorità «dovrebbero vergognarsi perché hanno compiuto un atto di crudeltà», tesi sostenuta anche da Lorusso che in varie dirette ha attaccato gli eurodeputati del Pd, sostenendo che «hanno bloccato gli aiuti umanitari per il Donbas». Ovviamente, nulla di questo corrisponde al vero, ma è stato il solo il pretesto per un’opera di propaganda antieuropea in Russia.

Questo è solamente l’ultimo episodio che abbiamo registrato di totale infrazione delle sanzioni. Consultando il Regolamento del Consiglio dell’Unione Europea 1214/2023, concernente le misure restrittive ai media russi dopo l’invasione estesa dell’Ucraina, oltre alla sospensione (punto 23) delle licenze di radiodiffusione nell’Unione di cinque organi di informazione russi sotto lo stabile controllo della leadership russa (tra cui Rossiya 1, tv della Federazione russa per cui lavora la signora Emelyanova) e il divieto di diffonderne i contenuti, si legge che «da tempo la Russia attua una sistematica campagna internazionale di manipolazione dei media e di distorsione dei fatti (punto 24), nell’intento di giustificare e sostenere la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina, la Russia lancia iniziative continue e concertate di propaganda (…) (punto 25), distorcendo gravemente i fatti e manipolando la realtà».

Tali iniziative rappresentano una minaccia consistente e diretta all’ordine pubblico e alla sicurezza dell’Unione. Nel punto 27, il regolamento dichiara che «vista la gravità della situazione, e in risposta alle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina, è necessario (…) introdurre ulteriori misure restrittive per sospendere le attività di radiodiffusione di tali organi di informazione nell’Unione o dirette all’Unione. Le misure dovrebbero essere mantenute fino a quando la guerra di aggressione contro l’Ucraina non sarà cessata (…)».

Lo stesso regolamento precisa (punto 28) che «tali misure non impediscono agli organi di informazione e al loro personale di svolgere nell’Unione attività diverse dalla radiodiffusione, come la ricerca e le interviste», «coerentemente con i diritti e le libertà fondamentali riconosciuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare con il diritto alla libertà di espressione e di informazione, la libertà d’impresa e il diritto di proprietà sanciti dagli articoli 11, 16 e 17 della stessa».

Un regolamento chiaro, disatteso da Asya Emelyanova che invece ogni giorno compie sul territorio azioni tese ad accreditare le tesi del Cremlino facendo sponda con altri propagandisti come Andrea Lucidi e Vincenzo Lorusso. Le interviste e le attività di ricerca che sono giustamente consentite per raccontare l’Italia fuori dai confini non sono quelle che Rossiya 1 realizza nel nostro Paese.

Intimidire, inseguire, tracciare, enfatizzare le campagne di disinformazione sono il riflesso di un lavoro di guerriglia ibrida di concerto con gli apparati del ministero degli Affari esteri di Mosca, e che l’Italia continua a non sanzionare.

Ma se da chi ha messo l’Italia, le sue istituzioni e la sua democrazia tra gli obiettivi c’è da aspettarsi tutto questo, crea invece sconcerto il silenzio dell’Associazione Stampa Estera che, incurante delle sanzioni ai media russi, continua a ospitare e a offrire assistenza logistica e informativa ad Asya Emelyanova e a tutti coloro che partecipano alla caccia al giornalista italiano. Nessuna sanzione viene applicata, nessun distinguo viene effettuato da chi rappresenta l’insieme dei corrispondenti stranieri nel nostro Paese.

Abbiamo chiesto all’ex presidente Esma Çakir un commento su queste vicende, ma non ci ha voluto rispondere, dicendoci che non essendo più la legale rappresentante dell’Associazione avremmo dovuto chiedere al nuovo presidente, Marteen van Aalderen, corrispondente del quotidiano olandese De Telegraaf, il quale però non ha risposto alle nostre domande.

Forse anche loro ignorano le sanzioni europee (Çakir era presidente fino a qualche mese fa), forse anche loro hanno scelto da che parte della storia stare, quella di chi giustifica la repressione contro dissidenti e giornalisti, di chi ne fa perdere le tracce e ne dichiara la morte durante gli spostamenti da un carcere all’altro?

Non è dato saperlo, così come non è dato sapere cosa ne pensa il governo italiano, che forse dimentica di essere un obiettivo del Cremlino, che si cela dietro la debolissima linea della Farnesina fatta di stupori e tremori, di silenzi mascherati da soft power, di nascondimento fatto passare per lavoro sotterraneo.

Da qualsiasi prospettiva si legga questa storia, si nota una debolezza italiana che diventa colpevolezza per tutto quello che stiamo regalando a un regime illiberale.

Anche per questo la Russia non è nostra amica, ma la peggior nemica del nostro futuro.

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