Sotto a chi toga
Il linciaggio dopo il rinvio in Europa del decreto sui paesi sicuri.
L’Anm prova a compattarsi: assemblea straordinaria a Bologna. Dopo i casi Apostolico, Albano e Patarnello continuano le violente offensive contro i giudici
Questa volta l’attacco è particolarmente feroce: Marco Gattuso, presidente della sezione immigrazione del tribunale di Bologna che tre giorni fa ha rinviato alla Corte di Giustizia europea il decreto sui paesi sicuri, è diventato il nuovo obiettivo della destra e del suo braccio armato mediatico.
Oltre al fatto di essere iscritto a Magistratura democratica e di aver partecipato a «incontri sul gender e sull’immigrazione», il peccato capitale di Gattuso è di essere da dieci anni, insieme al suo compagno, papà di un bambino nato grazie alla gestazione per altri.
Non solo, nel 2023, il giudice bolognese aveva tenuto una lezione alla Scuola superiore di magistratura proprio sui paesi sicuri. In quell’occasione aveva già fatto l’esempio finito anche nella sua sentenza, il paradosso della Germania di Hitler che si poteva considerare «paese sicuro» per la stragrande maggioranza dei suoi abitanti (in effetti tutti tranne ebrei, zingari, omosessuali e nemici politici).
«È un pregiudizio», dicono i suoi critici, ma non può certo essere colpa di un giurista se le leggi del governo fanno acqua da tutte le parti.
IL MODUS operandi del linciaggio, comunque, è sempre il solito, già visto un anno fa contro la giudice di Catania Iolanda Apostolico e in tempi più recenti contro i romani Silvia Albano e Marco Patarnello: si lancia il sasso e poi si nasconde la mano mentre sui social scoppia l’inferno, tra insulti, minacce, trivialità assortite e sospetti fondati sul nulla.
Le coordinate dell’assalto contro il giudice di Bologna le ha dettate per prima la premier Giorgia Meloni, quando mercoledì sera ha bollato la decisione del tribunale come «un volantino di propaganda». Il giorno dopo, sui giornali che fiancheggiano il governo, il dossier contro Gattuso è stato servito. Da lì si è scatenato il solito circo di diffamazioni e insulti. L’ultima volta, tanto per la cronaca, a Silvia Albano erano arrivate addirittura minacce di morte (denunciate in procura).
È così che il livello d’allarme è salito anche tra le toghe: lunedì, a Bologna, si terrà un’assemblea straordinaria dell’Associazione nazionale magistrati dell’Emilia Romagna alla quale parteciperà il presidente Giuseppe Santalucia e, con ogni probabilità, anche i vertici delle correnti progressiste. Non si esclude che nell’occasione si faranno vedere esponenti delle opposizioni. Del resto la guerra che il governo ha deciso di dichiarare alla magistratura si sta facendo via via sempre più dura e ormai è impossibile derubricarla al livello del canonico scontro tra le parti che riempie il dibattito pubblico da un trentennio.
Non è un caso che, dopo le mancate convalide del tribunale di Roma sui trattenimenti in Albania, dal Quirinale era trapelata grande preoccupazione, molto più che in passato: l’aria che tira, in effetti, sembra non avere precedenti. «La vita degli altri, vale a dire ogni manifestazione della sfera privata del cittadino, costituisce limite del diritto di informazione, perché connessa ai diritti fondamentali della persona», è il commento dell presidente del tribunale di Bologna Pasquale Riccardo in difesa di Gattuso.
«I MAGISTRATI della sezione protezione internazionale di Bologna sono stati aggrediti sulla stampa e contestati da alcuni politici solo per avere fatto il loro lavoro – dice invece il segretario di Area democratica per la giustizia Giovanni Zaccaro, che ha annunciato la sua presenza a Bologna per lunedì -. Si scandaglia la vita privata dei magistrati e se ne diffondono vicende intime che riguardano altre persone, anche minori.
C’è un limite oltre al quale la cronaca diventa linciaggio e la doverosa critica diventa dileggio. Spetta a tutti i cittadini e soprattutto a tutti i giuristi presidiare tale limite». Magistratura democratica, la corrente delle «toghe rosse» a cui appartiene Gattuso e contro la quale la destra si scaglia un giorno sì e l’altro pure, guarda alla questione interna e sollecita il Csm – in queste settimane concentrato esclusivamente sulla questione ordinamentale interna delle nomine degli uffici giudiziari – a intervenire.
«SI TRATTA di attacchi che esorbitano dal sacrosanto diritto di critica dei provvedimenti giudiziari – scrive l’esecutivo di Md in una nota -. Negli ultimi anni, troppe volte, a fronte di attacchi alla persona del magistrato, il Csm ha abdicato all’esercizio di questa alta responsabilità istituzionale: rinunciando a intervenire a tutela di un magistrato; tardando ad aprire la pratica a tutela; procrastinandone intollerabilmente la trattazione, e indugiando in calcoli e tatticismi che non sono all’altezza del mandato che la Costituzione gli affida». Da qui la richiesta che il consiglio «torni a esercitare, con le necessarie fermezza e serietà e, soprattutto, con l’indispensabile tempestività, gli interventi a tutela dell’indipendenza e del prestigio dei magistrati» altrimenti «il rischio è che della credibilità della funzione giudiziaria restino soltanto macerie».