di Edoardo Sirignano
«Ai parenti delle vittime di mafia interessa soltanto che l’Antimafia possa svolgere il proprio lavoro in modo sereno e trasparente, senza alcuna interferenza esterna, tanto meno l’ingerenza di colorazioni partitiche».
A dirlo Pippo Di Vita, presidente del Comitato Europeo e Memoria.
Quest’ultimo, prima attraverso una missiva inviata al ministro Nordio e poi ai nostri taccuini, spiega come l’unica priorità per i familiari di chi ha perso la vita per la legalità sia soltanto capire cosa sia successo durante quegli anni bui delle stragi e non prendere posizioni contro questo o quel partito.
L’esponente del mondo dell’associazionismo evidenzia, quindi, come la protesta, inscenata l’altro ieri a Palazzo Madama, rappresenti solo la piccola parte di un universo molto più ampio e variegato, a cui non interessa guadagnare consensi verso una particolare direzione, ma solo che sia fatta luce rispetto a pezzi di storia opachi e su cui serve fare quanto prima chiarezza.
«Penso sia doveroso precisare – scrivono nella nota inviata al Guardasigilli e alla presidente della Commissione che si occupa della lotta alla criminalità organizzata – che l’elenco dei familiari che aderiscono a tale iniziativa sia risicato e non rappresentativo, rispetto alle centinaia di familiari che, nel silenzio, ricercano quella giustizia che da decenni di depistaggi, insabbiamenti ed aggiustamenti dei processi, è stata, purtroppo, calpestata».
Un riferimento, dunque, al divieto imposto dalla presidente della Commissione Colosimo all’ex pm Scarpinato di accedere a quelle intercettazioni che potessero interferire con le indagini riguardanti fatti inerenti la sua precedente professione. «In questo momento il senatore – sottolineano i parenti delle vittime – è sotto i riflettori di un’inchiesta che lo coinvolge indirettamente, ma di cui non vi è alcun interesse, da parte mia, a fare riferimento».
Non si ritrovano, pertanto, con la polemica delle opposizioni contro la proposta della maggioranza di tenere fuori i membri dell’organo quando vengono trattate questioni, che in un modo o nell’altro, hanno un legame con la professione svolta prima di diventare onorevoli dai commissari, come appunto nei casi De Raho e Scarpinato.
Di Vita precisa come la presa di posizione dell’associazione non vuole essere un attacco al M5S, ma piuttosto un invito a fare in modo che quando vengano trattate determinate tematiche siano superati i colori, gli schieramenti e soprattutto una polemica sterile, che non porta risultati.
«Le vittime di mafia – sostiene ai nostri taccuini – non devono avere una collocazione partitica. Ognuno di noi può avere una idea, militare in una forza, ma davanti a certe questioni o meglio comportamenti, riguardanti il futuro dei nostri figli, dovremmo superare le limitazioni e restare uniti. Il vero errore degli organizzatori del convegno di ieri è stato non sottolineare che solo una parte la pensasse in un determinato modo.
Si è, invece, preferito generalizzare. Questo è un errore grave. Ecco perché abbiamo ritenuto chiarire con chi di dovere. Non vogliamo attaccare nessuno, né abbiamo interesse a schierarci dall’una o dall’altra parte. Ci saremmo comportati allo stesso modo con chiunque». Per Di Vita bisogna evitare, a ogni costo, inutili e pericolose strumentalizzazioni.
«Altrimenti chi dovrebbe combattere la mafia, pur inconsapevolmente, lo diventerebbe. Dobbiamo essere attenti affinché non ci siano delle rischiose promiscuità. Il vero problema è che qualcuno voglia far passare l’Antimafia come una gamba in più di un partito. Sarebbe uno sbaglio, anzi un assist alla criminalità».