Caro Mario,
parto dalle tue conclusioni, con le quali (ohibò!) concordo: due anni dopo siamo al punto di partenza.
Nel senso che nessun problema strutturale del paese è stato finora affrontato dal governo in carica con il passo necessario, che dovrebbe avere la potenza e la velocità di un razzo di Musk. Perché il nostro paese, tra quelli europei, ha il più basso tasso di crescita della produttività non da ieri, ma dal 2000 (0,4% contro l’1,5% medio del continente).
E la vecchia Europa (il cui PIL, da qui a 20 anni, scenderà dal 15% al 10/12% del PIL globale) è l’epicentro dell’Occidente aggredito, oltre che da chi ci fa direttamente la guerra, dal mondo BRIC che cresce alla velocità della luce.
I dati fuorvianti
In questo quadro, che vuoi che faccia il governo Meloni? Certo, neppure ci prova. Si balocca con dati fuorvianti, il principale dei quali – quasi l’unico – è che l’occupazione italiana cresce (vero), ma è mal pagata e sempre meno qualificata, con i giovani bravi che scappano via dal paese; altri dati incoraggianti non ne conosco.
Mentre il governo, nelle sue varie articolazioni, sa usare, con addestrata esperienza, i più classici argomenti securitari (immigrati alle porte, città insicure, cancerose nostalgie verso un passato idealizzato) per dirottare le paure generate dalle trasformazioni (digitalizzazione, tecnologie, IA… Insomma la modernità in marcia) verso obiettivi di comodo: l’”altro” da noi, il diverso pronto a scardinare la nostra civiltà, e la solita sinistra nemica della triade Dio-Patria-Famiglia, emissaria delle élites che non si rassegnano al governo degli underdogs (e poco male se, al di là della Meloni, parecchi di questi underdogs sono brocchi veri).
Solo governi Renzi e Draghi avviato cambiamenti strutturali
Bene, qui finisce la filippica, buona per riempire il vuoto delle chiacchiere tra conoscenti perbene. E poi? Poi, per onestà, dobbiamo anche dirci che nei 25 anni di non-crescita e progressiva depressione dell’Italia ci sono stati governi di centro-sinistra (o tecnici equiparabili) per una dozzina d’anni e di centro-destra per 10.
E, sempre per onestà, dobbiamo aggiungere che nessun governo ha messo in moto nessuno di quei cambiamenti strutturali indispensabili (da fondare sulla triade libertà-mercato-mondo, altro che quell’altra…). Salvo (giudizi miei) il governo Renzi, scalzato per la sua ingenua arroganza giacobina, e il breve regno del supertecnico Draghi, che personalmente ancora rimpiango.
Tu potresti controbattere che questo è il passato, e che – visti i risultati non brillanti della Meloni – sarebbe comunque il caso di puntare, magari a breve, a costruirle un’alternativa, iniziando a pressarla su quello che non fa, mettendo su una coalizione alternativa ragionevole, un programma credibile e bla bla bla… Ma mi parleresti di cose che palesemente non si stanno facendo, dalle parti di Elly e della sua squinternata band.
E comunque il punto, caro Mario, non è neppure questo: il fixing dei rapporti tra Schlein, Conte, Fratoianni, Renzi &C è l’ultimo dei problemi, a mio avviso. Il punto è che, dopo 25 anni di incalzante trasformazione del mondo e di parallelo declino dell’Italia, si può legittimamente arrivare alla conclusione (provvisoria come tutte le cose della vita, ma al momento piuttosto condivisa nel comune sentire) che non è dall’alternarsi di coalizioni e partiti che ci si può aspettare un cambio di rotta, un’inversione di tendenza del piccolo pezzo di pianeta che abitiamo.
Dopo 25 anni dare stabilità e credibilità a sistema Italia
L’unica remota possibilità di migliorare le cose, sul medio-lungo periodo, sarebbe dare al sistema-Italia un minimo di stabilità e credibilità in più, magari unendo le forze, non organizzando gli eserciti contrapposti: ma questo, più che una speranza, è un sogno.
Mentre la sfida più concreta, stimolante e appassionante – almeno secondo me – sta nel costruire, giorno dopo giorno, la cultura diffusa, cosmopolita e moderna delle casematte della società civile (niente egemonia, dio scampi…), che – sole – possono far sperare in una crescita del paese reale.
Di qui la conclusione. Che si dica che il governo Meloni è “così così”, è splendido o fa schifo, non cambia le cose, neppure di un ette.
Le sorti di Giorgia dipenderanno da come riuscirà a districarsi nel caos crescente di casa sua, e dalla quantità di elettori/tifosi che andranno alle urne e, quando sarà il momento, decideranno. Ma, anche a questo fine, che si alzi la voce e si sparga una parola di propaganda in più contro il suo governo, non significa conquistare consensi ma solo soffiare sui bollenti spiriti dei partigiani.
Che continueranno, contenti loro, ad andare in cerca di qualche rivincita e non della soluzione dei problemi. Ma quella è una partita che non può appassionare i riformisti.